Scritti

Covid-19 e tristezza

3 dic 2020

Parliamo di antropologia, psicologia, salute.

Scritti

Covid-19 e tristezza

Tra il Covid 19 e la tristezza - "Noi e il virus"
l'Adige, 31 ottobre 2020
 

Mascherina, cappello, occhiali e auricolari. Caspita, e chi ti riconosce più? Ci guardiamo: sarà lui, sarà lei? La copertura del volto porta situazioni inedite nella nostra vita quotidiana. Sviluppa l'intuito, perché abbiamo capacità animali di individuazione che vanno oltre la semplice attitudine al riconoscimento facciale.

Da come cammina un po' ondeggiando quello non può che essere Giovanni. Giubbotto viola e stivali gialli, è Federica. Vale per le persone attente, beninteso, non per i distratti. Non vale, invece, per chi è affetto dalla sindrome che l'Organizzazione mondiale della Sanità ha definito "Covid fatigue": più che stanchezza, sfinimento. Il 60 per cento degli europei, infatti, si sente afflitto da un'emergenza che non cessa. Secondo l'Oms si tratta della "risposta prevedibile e naturale a un prolungato stato di crisi". Che produce apatia, demotivazione e un generale calo di energie. Come ha scritto Paolo Di Paolo (premio Strega 2020) su la Repubblica, è come se si fosse rotto qualche meccanismo interiore: "Se non ci ucciderà il virus, ci ucciderà la tristezza". Meglio se ci fosse un punto di domanda, però.

Certo la pandemia sta rendendo cupe molte esistenze. Un giovane può sempre dire: un giorno tutto questo sarà finito. Gli anziani, no. Come chi è cresciuto, invecchiato e defunto “sotto" Mussolini. Nella primavera scorsa c'era stata una risposta vitale alle restrizioni. Ora la situazione è divenuta difficilmente sostenibile, e sempre più divisiva. La società risulta chiaramente tagliata a fette, chi può lavorare da casa e chi no. Chi ha rendite, pensione o stipendio da lavoratore dipendente, e chi no. Va da sé che gli strutturati/privilegiati tendano a minimizzare le restrizioni, tanto campano lo stesso. Per non dire dell'industria del lusso, che come ha scritto anche questo giornale, non teme il virus. In questo quadro chi invece era flessibile o precario prima, lo è ancor di più, e comprensibilmente le partite Iva manifestano insofferenza alle misure di prevenzione. Non stupisce che l'allarme sanitario diventi allarme sociale, e non si dica che i perplessi e i dissenzienti sono criminali, o addirittura tutti mafiosi e nazisti.

Molti vivono lo smarrimento di sentirsi responsabili e potenzialmente "colpevoli" del peggioramento di una situazione che di per sé ha contorni poco chiari, e che spesso detta disposizioni incoerenti. Quattro amici che chiacchierano tra loro seduti al tavolo di un bar, senza mascherina; poi si alzano e si mascherano per andare ciascuno per i fatti propri. Ovvio farsi delle domande.

Ma dal punto di vista delle relazioni, non preoccupa soltanto la perdita della sensorialità, del calore umano, del contatto fisico. Il problema non è che queste cose manchino. Al contrario, è che a molti non mancano più. Nel senso che ormai capita di chiudersi in se stessi. Si guarda basso quando si incrocia qualcuno, tanto non ci si può avvicinare, non ci si può stringere la mano, non ci si può baciare. Tanto vale, dunque, abituarsi a questa distanza, a queste evitazioni?

No. Anzitutto non bisogna smettere di ragionare, con quei pochi o tanti elementi che si hanno. Poi non occorre sorbirsi i bollettini di guerra dei telegiornali tutte le sere. Uomini e virus, non è una guerra. E' una vecchia storia, perché siamo tutti sulla stessa barca (i virus, per la verità, sono sulla Terra da molto più tempo di noi). E se volete farvi una risata guardate su YouTube il video in cui il cantante Albano dice che se siamo stati capaci di distruggere i dinosauri, sconfiggeremo anche questo maledetto virus; peccato che homo sapiens non abbia mai incontrato i dinosauri, che si sono estinti 60 milioni prima della nostra comparsa.

Ridere fa bene. Fa bene anche mantenersi vigili e critici. Ogni anno vengono abbattuti 15 miliardi di alberi per fare spazio ad allevamenti di bestiame, a coltivazioni di soia e per la produzione di olio di palma. Il nostro impatto sul pianeta è cambiato con il Covid-19? Produciamo meno cose inutili? Inquiniamo meno? Dov'è finita l'emergenza migratoria, che ora colpisce doppiamente milioni di persone in cerca di una vita migliore? E i terroristi dell'Isis sono tutti morti per colpa del covid? Boh. Appiattirsi completamente sulla paura di essere contagiati, in definitiva sulla paura di lasciarci la pelle, sembra un po' meschino. Perché, signore e signori, la morte esiste a prescindere dal coronavirus.

E comunque ci sono ancora amici con cui si può parlare, in presenza o a distanza. C'è tutta la benedetta letteratura russa da leggere. L'autunno porta colori meravigliosi. In cielo ci sono nuvole corpose e mutevoli che scatenano la fantasia. Guardarle ridimensiona il significato che la nostra piccola vita individuale ha in prospettiva cosmica. Passerà.

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