Scritti

Ma come lo fanno in Malesia?

20 nov 2002
Scritti

Ma come lo fanno in Malesia?

GEO magazine, settembre 2008

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In Amazzonia ho visto una donna sfrecciare seminuda nella foresta, con falcate da centometrista. Una ninfa della mitologia classica? Quasi, non fosse per il fatto che aveva l’età della mia povera nonna. A Sri Lanka mi è stata offerta in sposa una bambina che avrà avuto nove anni. A Panama ho conosciuto una coppia di vecchietti albini, maschi, che uscivano soltanto la notte; secondo i vicini di capanna, di giorno i due si accoppiavano furiosamente. Secondo le nostre categorie le ottantenni non corrono nude a perdifiato. Secondo le nostre categorie i bambini non devono fare sesso. Secondo le nostre categorie ci sono rapporti secondo e rapporti contro natura.

Detto ciò, il lavoro dell’antropologo è esporsi all’insolito, e approntare un repertorio di pratiche e di credenze che sembrano fatte apposta per spiazzare. Le politiche e le pratiche del sesso sono convenzionali. Vale a dire culturali. Basta che tutti siano d’accordo e la “cosa” diventa normale. Ma il fluido erotico non si manifesta mai liberamente: al contrario, viene messo in forma: forme matrimoniali e forme patrimoniali. Il potere riproduttivo, in particolare, è sempre sotto controllo. Tanto le pratiche feconde quanto le pratiche infeconde, come per esempio la masturbazione, l’omosessualità, il coito interrotto, sono quindi regolate. Perché in definitiva l’attività sessuale può rinforzare o indebolire l’ordine del mondo. Secondo Claude Lévi-Strauss alla base di tutto sta il problema dell’incesto: la donna proibita all’interno del gruppo, ma disponibile per altri, rende possibili relazioni che facilitano la sopravvivenza.

Poligamia, scambi, matrimoni temporanei e altre usanze possono sembrare naturali agli uni e perversioni agli altri. Ogni cultura elabora e tramanda comportamenti accettabili, e relativi precetti. Il Corano, per esempio, recita: “V’è proibito prendere in spose le vostre madri, le vostre figlie, le vostre sorelle, le vostre zie paterne e materne, le figlie del fratello e le figlie della sorella, le nutrici che vi hanno allattato, le vostre sorelle di latte, le madri delle vostre mogli, le vostre figliastre che sono sotto la vostra tutela, le figlie di vostre mogli e le mogli dei vostri figli”. Gli ebrei ortodossi invece ammettono il matrimonio tra fratellastri e primi cugini; sì tra zio e nipote femmina, no tra zia e nipote maschio. Ancora meno scontate sono alcune regole matrimoniali indonesiane. A Bali l’incesto tra fratelli è proibito, ma non il matrimonio tra gemelli di sesso diverso, perché si presume che i due siano già stati in intimità nel ventre materno.

Per trovare delle costanti non resta che considerare la fisiologia. La figura della donna anziana sembra rispondere quasi universalmente a una liberazione dai doveri biologici e coniugali. La proverbiale allegria della vedovanza altro non è che licenza, dopo un periodo di solitudine e di lutto. Passata l’età riproduttiva, la donna anziana in molte culture è svincolata dalle convenzioni sociali. Soltanto in tarda età le signore azteche del Centroamerica potevano darsi alle bevande alcoliche e a rapporti sessuali occasionali. Anche il menarca è una tappa comune, una soglia al contempo naturale e culturale. Di norma, il sesso si fa dopo. Tuttavia si riscontra un’eccezione: i Chewa del Malawi ritengono che se una ragazza non copula prima del menarca, morirà in giovane età. Il tabù circa la sessualità infantile è più nostro che universale. Tanto che alle bambine polinesiane, tradizionalmente, veniva insegnata una pratica autoerotica che consiste nel contrarre ritmicamente i muscoli pelvici.

Per quanto riguarda il precoce manifestarsi di interessi sessuali, abbiamo la preziosa testimonianza dell’antropologo Bronislaw Malinowski. Docente alla London School of Economics e poi alla Yale University, Bronislaw Malinowski fece le sue osservazioni sulla vita sessuale degli indigeni negli anni tra il 1915 e il 1918 nelle isole Trobriand, in Melanesia. A proposito dei trobriandesi annota: “Per essi non esiste repressione, né censura, né riprovazione morale nei riguardi della sessualità infantile (...) In Melanesia non c’è tabù sul sesso in generale, non si getta alcun velo sulle funzioni sessuali e certamente non lo si fa nel caso dei fanciulli”. L’antropologo descrive quindi un gioco chiamato mwaygini kwayta, letteralmente divertimenti di coito, durante il quale i bambini imitano l’atto sessuale. Nessuno sgrida i piccoli quando giocano agli sposi.

Veri e propri matrimoni tra bambini vengono celebrati tra i Fulani e i Kadar della Nigeria. Accade anche nelle campagne indiane, nonostante siano vietati dalla legge. I bambini, una volta sposati, tornano alle loro rispettive case e non vivono insieme fino a quando la piccola raggiunge la pubertà. Recentemente il quotidiano Hindustan Times ha riportato questa cronaca: “Lo sposo di dodici anni e la sposa di dieci stavano per essere uniti in matrimonio quando è intervenuta la polizia a Nangla Hareru, un villaggio a circa 80 chilometri a nordest di New Delhi. I poliziotti hanno arrestato lo sposo e altre venti persone, compresi i genitori dei due bambini”.

Fare sesso con adolescenti per noi è reato di violenza sessuale. Altre culture invece lo raccomandano. Usanze etniche della Nuova Guinea, per esempio, includono la sodomia come parte dei riti di pubertà per i giovani uomini. Si ritiene infatti che il minore non potrà crescere bene né essere completamente maschio se non avrà ricevuto il seme di un uomo più anziano. Quanto al sesso tra adolescenti, i trobriandesi cari a Malinowski avevano una speciale istituzione, cioè una casa dove i giovani facevano esperienze. Questa capanna, chiamata bukumatula era frequentata da giovani di entrambi i sessi, che vi praticavano la promiscuità sessuale, rientrando a casa loro solo per mangiare. La ragione d’essere della bukumatula è semplice: i trobriandesi hanno sempre temuto il pericolo dell’incesto. A tutt’oggi è per loro di somma importanza che fratelli e sorelle, durante la pubertà, si frequentino il meno possibile.

Nel 1925 una giovane antropologa americana, Margaret Mead, parte per l’isola samoana di Manu’a con un compito preciso: indagare in che misura le inquietudini e le insicurezze tipiche della fase adolescenziale fossero presenti in un contesto radicalmente diverso. Dopo cinque mesi di soggiorno il responso fu che le giovani samoane se la passavano benissimo. Lo stress delle coetanee americane era del tutto assente nell’isola di Manu’a, grazie a una cultura pacifista, collaborativa e libertaria. Coming of Age in Samoa, così s’intitolava la monografia, divenne uno dei testi antropologici più letti di tutti i tempi, un bestseller tradotto in molte lingue, quasi un manifesto della teoria del determinismo culturale: nell’uomo non c’è nulla di innato, tutto viene insegnato. Margaret Mead nel frattempo diventa la madrina delle scienze sociali, per celebrare l’Anno internazionale della donna, nel 1975 la FAO conia una moneta con la sua effigie. Peccato che le cose a Samoa non stessero così. Dopo un soggiorno di quarant’anni tra le genti che avevano ospitato la Mead, nel 1983 l’antropologo Derek Freeman pubblica una radicale confutazione di quelle tesi. La visione idilliaca dell’adolescenza a Samoa a quanto pare corrispondeva a ciò che l’antropologa america desiderava dimostrare, più che alla realtà. Che invece era fatta di regole sociali contraddittorie, rigidità dei ruoli e anche violenze sessuali. Lo hanno confermato alcune anziane samoane che all’epoca furono intervistate dalla Mead: “Ci domandava in continuazione cosa facevamo la sera con i ragazzi, e noi ci divertivamo a raccontarle un sacco di storie inventate”.

Comprensibili reticenze impediscono ai ricercatori forestieri di penetrare a fondo i segreti del talamo nuziale “selvaggio”. Ma la storia dei montanari Semai della Malesia è alla luce del sole. La loro vita coniugale è sempre stata contraddistinta da estreme disponibilità e ospitalità. Respingere le proposte, anche sessuali, per i Semai equivale a una violenza nei confronti di chi chiede. Rifiutare è punan, una scortesia tabù, che rende il “cuore pesante”. Molti visitatori hanno approfittato di questa accondiscendenza, soprattutto con le donne.

E’ piuttosto evidente, a questo punto, che il sesso coniugale può includere qualsiasi variazione, purché sia socialmente accettata. In epoca coloniale gli osservatori francesi rimasero sbalorditi dalla figura del transessuale a Tahiti. Il mahu si depila, tesse, danza, veste come le donne. E si rende disponibile quando la moglie va in vacanza. Il fatto curioso è che copulando con il mahu guerrieri e padri di famiglia assumevano il ruolo passivo.

Il sesso non ha età. La favolistica araba e l’aneddotica del Maghreb abbondano di amori senili. Solo che nella coppia è lui ad essere vecchio, mentre la sposa è giovane, se non giovanissima. Ecco allora il decrepito marito ricorrere a una serie di espedienti, tra cui l’assunzione di farmaci afrodisiaci, per essere in condizione di soddisfare la propria moglie e le proprie voglie. Spesso i beni di prestigio conferiscono al maschio il carisma o il potere economico che compensano il divario d’età. Decisamente più rara è la relazione sessuale tra un giovane e una donna anziana, a meno che quest’ultima non abbia il ruolo di iniziare il giovane alla vita adulta. Quanto al sesso tra coppie di anziani cala generalmente un velo di pudore. Ma le culture e le religioni che valorizzano la saggezza della vecchiaia, per esempio le tradizioni tantriche in Tibet, ammettono pratiche erotiche nella cosiddetta terza età. Nel Caucaso, presso la popolazione degli abcasi, il sesso in età avanzata è normale. E' noto presso questo popolo il caso di un uomo di 119 anni che conservava ancora interesse e vigore per il sesso; analizzato, il suo sperma fu trovato fertile.

Il mondo sta cambiando. Le geishe di ieri, la cui formazione culturale comportava complessi rituali, oggi cedono il passo alle kogyaru, le ragazzine giapponesi che hanno imparato a vendere in internet la loro biancheria sporca. Nonostante il nostro inguaribile esotismo, sarà bene ricordare che le selvaggerie coniugali non appartengono al nostro passato, né sono proprie dei popoli tecnologicamente arretrati. Allo stesso modo, quelle che noi consideriamo raffinatezza erotiche, gesti simbolici o corteggiamenti esistono in tutte le culture. L'uomo e la donna, per fortuna, sono tali a tutte le latitudini. E tali rimangono, anche nell'era informatica.