l'Adige, 22 marzo 2019
Tra storie di fate, draghi e diavoli, in Trentino spicca la figura del tremendo basilisco di Mezzocorona e del nobile eroe, il conte Ugo Firmian, che lo ammazzò. E’ una leggenda piena di simboli, che oggi fa pensare alla paura del lupo. Paura agitata da chi immagina ronde e spedizioni, lancia in resta, per stanare le fiere e liberare i nostri monti da creature minacciose. Realisticamente, un'assurdità.
L'ultima malefatta del basilisco era stata inghiottire in un sol boccone l'intero carico di un carro, con i buoi e il contadino. L'ultimo attacco di un lupo a una persona risale a duecento anni fa, e probabilmente si trattava di un animale malato. Certo i pochi lupi trentini (35 esemplari in tutto) timidamente ricomparsi dopo lo sterminio, sbranano qualche povera pecora lasciata in balia dei predatori, cioè colpevolmente non stabulata dagli esseri umani. Ma come hanno spiegato diversi naturalisti al Muse, il 13 marzo scorso nella serata "Al lupo! Al lupo! Il punto sulla situazione in Trentino", l'allarme non si giustifica assolutamente. Proviamo a leggere gli appelli alla difesa contro il pericolo dei lupi mettendo in primo piano proprio la paura. L'atavica paura di essere aggrediti e invasi da parte di selvatici, incivili e nemici, lontani da noi, popolo innocente, pecorelle del gregge del Signore. Noi che, detto per inciso, avvicinandosi la Pasqua ci apprestiamo a fare strage di quegli stessi agnelli che vorremmo proteggere dai lupi.
Intendiamoci, la paura è un'emozione naturale, animale. È la percezione della presenza di un pericolo imminente, reale o immaginario che sia. Per certi aspetti è anche giusto avere paura del bosco, quando la paura è rispetto del mistero della vita, quando è legata a un senso sacrale delle forze della natura. Ma la paura è cattiva consigliera quando, fomentata, scatena aggressività e violenza. Ora, se è vero che lanciare ingiustificatamente allarmi si chiama fare allarmismo, è interessante chiederci chi e perché lo faccia, nonostante l'evidenza dei fatti. Chi alimenta e cavalca la paura sa bene dove vuole arrivare. Agitare spauracchi compatta le comunità, assecondando i peggiori istinti territoriali di chiusura, di abolizione del diverso. Dove la diversità non è vista come biodiversità del mondo naturale, o varietà di stili di vita, ma è mostruosità da eliminare. È l'argomento anche di Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Roma, esposto nel libro Psicologia della paura in questi termini: "La paura dei nemici rafforza la coesione del gruppo. La paura è stata una delle armi di cui il Potere si è sempre servito per controllare e dirigere le masse. L'ordine dà sicurezza, perciò i demagoghi hanno sempre cercato di sfruttare la paura del caos". Il diritto all'autodifesa diventa, come spiega lo storico Jean Delumeau nel suo classico La paura in Occidente, una persecuzione: caccia alle streghe, irrazionale odio per gli ebrei, per gli orchi, per i barbari, per le belve, per le tenebre.
Sul piano culturale, è nel Medioevo, che il lupo diventa simbolo del male, assumendo connotazioni morali che prima non aveva. I repertori di zoologia fantastica, detti bestiari, trasformavano infatti le presunte caratteristiche etologiche degli animali in simboli di vizi e virtù, del tutto umani. Stranamente c'è chi, ancora oggi, pensa ai lupi con mentalità medievale, come se vivessimo ai tempi in cui uscire dalle mura fosse esporsi ai pericoli della foresta, delle fiere, dei briganti. Sul piano dell'economia agro-silvo-pastorale, ben più realistico, il lupo è semplicemente un predatore in rapporto di rivalità con i cacciatori e gli allevatori, che tuttavia sono decisamente più attrezzati e numerosi. Il lupo è sempre stato presente nelle Alpi. Siamo noi che ci siamo disabituati alla sua presenza, dopo averlo cacciato e sgominato. I nostri antenati ci convivevano, perché i lupi, per quanto temibili, erano parte della natura.
Se oggi occasionali avvistamenti suscitano allarme è perché la questione lupina è diventata una faccenda divisiva e politica, un po' come l'allerta per una fantomatica invasione da parte di immigrati forestieri. Licofobi contro lupisti. Ma vogliamo finalmente considerare in maniera obiettiva i veri pericoli, cioè le cause di ferimenti e decessi che funestano le nostre cronache quotidiane? Li conosciamo benissimo: sono perlopiù incidenti stradali e incidenti sul lavoro, è la falcidia di essere umani provocata da diversi tipi di tumori, spesso causati da inquinamento ambientale o da cattiva alimentazione.
Ignoranza e paura hanno la stessa matrice. L'ignoranza è madre della chiusura e sorella di un'ossessione, quella securitaria. Parlare di sicurezza premia sempre, elettoralmente. Così si è fatta largo una sorta di imprenditoria della paura. Perché quando la gente ha paura, come abbiamo visto, si può aizzare e indirizzare meglio. Ed è un curioso fenomeno da vedere come alcuni valligiani, non molti per fortuna ma come tutti noi motorizzati e computerizzati, temano il lupo cattivo come bambini spaventati dalle fiabe della nonna. No, non può essere. Anziché stanare le fiere e sterminare orsi e lupi dovremmo stanare le nostre paure. E renderci conto che qualcuno, ignorando non solo la Scienza ma perfino il buonsenso, sta facendo spaventismo.
Issato il basilisco morto sulla punta della spada, il cavaliere vittorioso scese dal monte per mostrarlo al popolo giubilante. Senonché una malefica goccia di sangue, colata dal corpo della bestia, si insinuò in una fessura della sua armatura. Tanto bastò per carbonizzare il povero Ugo Firmian, di cui rimase solo la metallica corazza.