Scritti

Il bosco e la logica del prima noi

28 mag 2023

Parliamo di antropologia,

Scritti

Il bosco e la logica del prima noi

Il bosco e la logica del prima noi

L'Adige, 28 maggio 2023

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Prima noi, ma noi chi? Umani, italiani, trentini, valligiani? Prima noi del nostro Comune, del mio quartiere, prima la mia famiglia? La logica che spinge un’ideologia così antiquata è quella che ieri ha prodotto il colonialismo, lo schiavismo, il razzismo. Ed è lo stesso modo di pensare che oggi causa l’inquinamento dei mari, il consumo di suolo, il dissesto del territorio, le nuove pandemie, tutti i disastri ecologici e tutte le guerre. Combattute perché Dio è con noi. Siamo più potenti, non vogliamo limiti, e abbiamo ragione, punto. Lo slogan prima noi significa non soltanto ritenersi indispensabili, ma ci dimostra incapaci di cogliere l’importanza fondamentale degli altri esseri viventi sulla Terra. Prima noi è il nostro atteggiamento incurante e alla lunga autodistruttivo, è la dark side dell’umanità, un atteggiamento rovinoso, su grande e su piccola scala.
“Ma insomma tutto questo baccano sull’orsa, sai quanti altri problemi ci sono?”. Eppure è chiaro, ormai, che l’orsa Gaia Jj4 è suo malgrado divenuta un simbolo. E i simboli sono importanti. Il dramma dell’aggressione lo scorso 5 aprile in un bosco del Trentino è cronaca che costerna, ma che può servire a fare un ragionamento antropologico; a costo di suscitare la stizza di chi, quando sente la parola cultura, mette mano al fucile.
Di che cosa è dunque divenuta simbolo l’esistenza e la libertà di quest’orsa? A giudicare dai cartelli dei manifestanti al corteo StopCasteller di domenica scorsa, a Trento, il problema è più grande. Si tratta di (mala) gestione del territorio, di mancata trasparenza da parte della Provincia, di privilegi concessi ad alcune categorie (allevatori e cacciatori); e ancora, omissioni, scarsa informazione, poca coscienza ecologica, autoritarismo. Ecco perché si continua a parlarne.
Ci sono vari aspetti, inoltre, sui cui varrebbe la pena soffermarsi. Che cosa sia il bosco, per esempio. Il bosco è una selva dove trascorrono la vita piante e animali selvatici. Nel corso dei secoli, a causa della pressione antropica, i grandi mammiferi sono stati cacciati, intrappolati, avvelenati. A tutt’oggi c’è chi li vorrebbe portare all’estinzione. La caccia e il legnatico sono ancora praticati, ma l’idea di bosco è cambiata, anche per l’incremento del suo uso ludico-ricreativo, cioè del turismo. Nel bosco si fanno passeggiate, sentieri, pic-nic, strade forestali, piste da sci e piste ciclabili, sport come l’orienteering, e così via. Per questi motivi il bosco ha perso la sua sacralità, il suo incanto e con esso il nostro rispetto. Incute ancora un po’ di giusta paura, che tuttavia si traduce nel vecchio schema di affermazione coloniale: noi padroni, le altre specie subordinate. Trovarsi faccia a faccia con un grosso animale non fa più parte del nostro orizzonte culturale. Vorremmo boschi divertimento, boschi come parchi Natura, boschi nostri e senza rischi. È insomma un problema di rappresentazione mentale.
Secondo alcuni osservatori, tra cui la SAT, solo il mantenimento di un adeguato livello di accettazione sociale può garantire la convivenza con l'orso bruno in Trentino. Sembra ragionevole, ma l’enunciato è discutibile. È a furor di popolo, che si prendono le decisioni sulla gestione della fauna selvatica? Perché allora bisognerebbe applicare questo metodo anche ad altri fenomeni, come la diffusione di pesticidi in agricoltura, le tasse, gli stipendi dei politici, l’intelligenza artificiale, le difficoltà di parcheggio, il caro benzina, il commercio delle armi, e molte altre cose che alla gente magari non vanno giù. Tutte strade imboccate o fatti subiti, relativamente ai quali non c’è affatto accettazione sociale.
La verità è che fatichiamo ad accettare l’eventualità di un’aggressione da parte di un animale selvatico per una questione culturale. Perché ci sentiamo a pieno titolo proprietari di tutto, come abbiamo visto anche del bosco. Allora forse bisognerebbe parlare di accettazione culturale. E lavorarci.
Di positivo, in questi giorni, c’è un fiorire di iniziative, comunicati, video e incontri dedicati al rapporto tra noi e gli “altri”. Il 20 maggio scorso al teatro Melotti di Rovereto è andato in scena uno spettacolo teatrale, o meglio un musical, intitolato “Creature selvagge”. Si tratta di una favola moderna, maturata sotto le ali di Oriente Occidente e del Centro Didattico Musica Teatro Danza, il cui tema è la necessità di salvare un Pianeta dove molte cose vanno storte. Peccato che ad accorgersene è soltanto chi ha meno potere. E cioè gli animali e… gli adolescenti, i quali però finalmente si ribellano all’ “adultocentrismo”. Per tutta la serata questo sorprendente parallelo è stato recitato, cantato e gridato da un manipolo di giovanissimi, “ibridi” teenager e animali: il Ragazzo Pantera, la Ragazza Orsa, il Ragazzo Aquila, la Ragazza Marmotta, e così via. A questi giovani riflessivi, trasgressivi e creativi viene davvero voglia di cedere il passo: prima voi!