Quotidiano l'Adige, 7 dicembre 2024
Evviva la montagna, come no. Ma quando sento parlare del cambiamento climatico come “opportunità” turistica, non capisco e mi incupisco. Il riscaldamento globale è un dramma per il nostro Pianeta, vogliamo comunque giubilare? Che so, lotta nel fango dopo le slavine? Gare di canoa approfittando delle alluvioni? Bici da downhill sulle pendici dei monti pelati dagli uragani? Vi ricordate gli imprenditori che si fregavano le mani e ridevano dopo il terremoto del 2009 in Abruzzo? Una grande opportunità per fare affari.
È pur vero che l’umanità ha sempre cercato di reagire positivamente alle catastrofi e alle calamità naturali. Ma parliamo di umanità, non di un comparto economico come il turismo. Che non è esattamente filantropico, né democratico nei suoi processi decisionali. Considerare un’opportunità di business i cambiamenti climatici, cioè il tema dell’ultima Borsa del turismo montano da poco conclusa, mi perdoneranno gli organizzatori, suona piuttosto cinico.
Per intenderci: il cosiddetto climat change sta causando malattie, inquinamento dell'aria, eventi meteorologici estremi, rischi di siccità, perdita di biodiversità, incendi boschivi, ondate di calore, innalzamento dei livelli del mare, inondazioni, migrazioni forzate e aumento della fame in zone dove le persone non possono più coltivare. Peggio per loro? Questo inquietante scenario globale per il nostro Trentino è favorevole per fare cassa. Poi sì, ci sono anche il buon senso e la correttezza, con l’immancabile sostenibilità, la magica parola sulle labbra di amministratori, politici e consulenti vari. Ma rimane il fatto che “noi ci orientiamo secondo i nostri competitor”. Così fan tutti, alla faccia dell’autonomia e delle specificità del territorio. Ai turisti, incantati dai prodigi della comunicazione digitale, non faremo mancare un sorriso molto spontaneo. Perché siamo naturalmente preoccupati, non tanto per la quantità, ma della qualità dei servizi offerti alle folle.
Quali folle? Secondo la nostra integerrima ministra del Turismo Daniela Santanché il problema degli eccessi di turismo non esiste. Anzi, a suo dire parlarne è “una bestemmia”. E così viene spiegata anche quest’altra opportunità: l’overtourism, che forse comporta qualche problema, ma rende assai. Tanto, gli stress e i guai vengono poi esternalizzati: la viabilità intasata, l’inquinamento ambientale, le speculazioni edilizie, i consumi di acqua e di energia. Qualcuno se ne occuperà. L’importante è orientarsi alla trasformazione del territorio in parco di divertimento; non per tutti, beninteso, solo per chi ha il giusto reddito: una cuccagna Deluxe.
D’altro canto ci sono i vantaggi. Ma non per gli impiegati, per gli operai, per gli infermieri, per gli insegnanti, e così via. Il turismo è un settore che ha sì un indotto, poiché i proventi beneficiano diverse categorie, ma non tutta la società civile. La quale in molti casi lo tollera, come un’attività per così dire coloniale. Il Trentino storico, antropologico e ambientale esiste a prescindere dal suo “sfruttamento”.
Non siamo tutti felici per l’innevamento artificiale delle piste da sci sovvenzionato con denari pubblici. Non siamo tutti entusiasti dei nuovi campi da golf né del campo da padel al posto dell’area cani (a Rovereto), né della pista da pattinaggio in piazza (a Trento). Non siamo tutti d’accordo sul fatto che gli orsi vengano barbaramente fucilati. Né di finanziare l’abbattimento e il trasporto di un abete gigante per donarlo al povero Vaticano.
Quest’anno ho portato alla laurea in Scienze del turismo al Campus universitario di Lucca una studentessa che ha intitolato la sua tesi “Turismo e cambiamento climatico”. A parte le considerazioni sul mutamento dei flussi, determinato dal variare delle temperature medie stagionali in alcune zone del mondo, un capitolo è stato giustamente dedicato al turismo come parte in causa. Vale a dire all’impatto ecologico del settore dei trasporti e a quello dell’ospitalità, senza dimenticare il ruolo dei turisti e dei governi nel cercare di mitigarne gli effetti sull’ambiente. In una visione decisamente più etica del turismo il confine tra opportunità e opportunismo non apparirebbe tanto sottile.