Scritti

Il tutto per tutti rovina la natura

26 gen 2025
Scritti

Il tutto per tutti rovina la natura

scarica l'articolo qui Il tutto per tutti e l'eccesso di accesso

Durante un viaggio di lavoro in Africa occidentale venni condotto al cospetto di un misterioso feticcio che si trovava sulla sommità della collinetta sovrastante un villaggio rurale. Quel sacro feticcio aveva una particolarità: oltre ad essere faticosamente raggiungibile attraverso un sentiero impervio, non tollerava pellegrini vestiti di blu. Ma le gambe c’erano, la curiosità anche, e indossare abiti di altri colori non era certo un problema. Incomparabilmente inferiore sarebbe stata l’emozione di quel giorno se fossi salito in funicolare (che non c’era). 

Nutro qualche dubbio sulla giusta crociata dell’inclusività. Idem sull’accessibilità ad ogni costo. “Tutto a disposizione di tutti” non mi pare sia una logica sostenibile, somiglia più a demagogia, intesa come lusinga delle aspirazioni del popolo, allo scopo di mantenere il potere. Beninteso, l’attenzione per le persone a vario titolo svantaggiate è sacrosanta, ma non al prezzo di compromettere la natura del patrimonio fruito. 
Faccio qualche esempio. Personalmente ho qualche difficoltà a raggiungere le auliche vette della sintassi e del lessico di Dante Alighieri e ancor più quelle di Shakespeare. Benissimo dunque poter godere dell’aiuto di parafrasi e traduzioni. Ma se i testi originali degli antichi letterati venissero invece rimossi dalle biblioteche del mondo e bruciati, per sostituirli con parafrasi alla portata di tutti, be’, sarebbe assurdo. Giusto, invece, che ciascuno affronti le imprese che valuta alla portata dei propri mezzi. E intendo tanto le imprese culturali, quanto quelle turistiche o atletiche. Senza pretendere che il mondo intero si adegui ai singoli limiti individuali, compromettendo la fruizione di beni comuni che hanno un grande valore proprio perché sono intatti, nascosti o difficilmente accessibili. I graffiti erotici di Pompei offendono la morale corrente, sono scandalosi e non rappresentano la sessualità in maniera “corretta”? Pazienza per chi reclama, ma hanno resistito secoli e non è il caso di imbiancarli con una mano di calce. Li visiterà chi li apprezza tali e quali come sono. Per inciso ricordo che nel 2016 il Vaticano censurò le statue ignude sul percorso di visita del presidente dell’Iran Hassan Rohani, ma per fortuna coprendole con drappi e non a colpi di scalpello. Quella eccessiva sensibilità all’altrui sensibilità suscitò comunque qualche polemica.

La problematica è vasta e annosa, direi che per quanto riguarda le attrazioni ambientali preoccupava già nell’Ottocento, perlomeno a giudicare dalle vignette pubblicate in Svizzera contro le ferrovie a cremagliera costruite per agevolare il flusso dei visitatori sui monti. Fino alle attuali posizioni contrarie all’attrezzamento della montagna con ferrate, scale e chiodi, passerelle metalliche, tapis roulant, pontili aggettanti e invasive terrazze belvedere. Strutture fatte per restare, che indubbiamente facilitano l’accesso a grandi e piccini, ma che al contempo precludono pensieri e sentimenti suscitati da un panorama libero e selvaggio, come quello del famoso quadro a olio di Caspar David Friedrich intitolato “Il viandante sul mare di nebbia” (1818). C’entra anche un discorso di wilderness, naturalmente, non tanto per un’idea romantica e anacronistica di natura incontaminata, quanto per un paradosso concettuale: desiderando provare l’emozione dell’incontro con un animale selvatico, se posso, mi metto nelle opportune condizioni (senza disturbarlo). Di certo non lo catturo e non lo metto in gabbia, né metto “in gabbia” tutto il suo habitat per mia comodità.

Prevengo le obiezioni. Non è un ragionamento antidemocratico, è un discorso di buon senso. Certe politiche di cosiddetta valorizzazione del territorio appaiono invece questioni di partito preso e di opposti schieramenti: Destra e Sinistra, quando al potere, rimangono arroccate su diverse posizioni, a prescindere dalla ragionevolezza. Esistono limiti necessari alle infrastrutturazioni, limiti logici alle facilitazioni, all’accessibilità e all’inclusività, limiti etici agli interventi populisti sul patrimonio. Va tutto bene se si aggiunge qualcosa per qualcuno senza togliere ad altri, come i predellini a livello del marciapiede sugli autobus e in generale la rimozione di barriere architettoniche. Spendere denaro pubblico per tali accorgimenti fa parte di un contratto sociale di convivenza civile e solidale. Ma non si asfalta il pianeta perché Homo sapiens possa fare gare di presenza. 
Penso a certi antichi templi indiani oggi rovinati da bisse boe d’accesso in cemento, gremite di banchetti. O anche in Trentino a brutti parapetti che dovrebbero garantire la sicurezza dei gitanti. Al netto degli interessi economici degli interventisti con la mano pesante, il  problema, ripeto per non essere frainteso, non sta nella lodevole preoccupazione per le opportunità delle persone diversamente abili. Il tema è la preservazione del patrimonio (culturale e naturale) pubblico, della sua dignità e del suo fascino.