l'Adige 18 ottobre 2024
Perché gli anziani che ho incontrato nei miei viaggi in India sono diversi? Sono più snelli di noi, mangiano in maniera più frugale, vestono in maniera più colorata, vivono in famiglie numerose con figli e nipoti, hanno meno paura della vita e della morte. Sorridono.
La nostra popolazione perlopiù invecchia male. Per acciacchi naturali, ma anche a causa di pensioni insufficienti a vivere con buonumore. Siamo pieni di prescrizioni mediche, di paure e di preoccupazioni. La società moderna occidentale incoraggia stili di vita controproducenti, un’alimentazione sbagliata, sedentarietà, individualismo, dipendenza da programmi televisivi spazzatura. E così genera solitudine e rabbia. Condanna evasioni dalla realtà come l’uso di stupefacenti, ma chiude un occhio sulle patologie da alcolismo. È un sistema che invece di valorizzare i beni comuni e aumentare la qualità dei servizi pubblici, si affida all’imprenditoria privata, che ovviamente fa i propri interessi, spesso a scapito di quelli collettivi. La pubblicità di servizi e prodotti benefici è un costante inganno. Nei nostri anziani aumentano la sfiducia e la cosiddetta insicurezza percepita.
Ebbene la tanto invocata sicurezza è proprio la caratteristica, se non l’ossessione, di una popolazione che invecchia male, di una cittadinanza stanca e spesso rancorosa, che teme la piccola delinquenza, mentre è vittima di ingiustizie sistematiche e strutturali. Spendiamo miliardi di euro in armamenti e per finanziare guerre, mentre per chi è affetto da malattie senili mancano denari e assistenza. Queste non sono fatalità, sono abusi di potere.
Sicché è vero quanto si proclama a gran voce, cioè che le telecamere di videosorveglianza non bastano. Dunque finalmente si è capito che occorrono buone politiche sociali? No. La risposta è più polizia. E ci risiamo con gli investimenti riparativi, tardivi, punitivi. Comunque a valle dei problemi. E sì che, perlomeno qui in in Trentino dovremmo sapere che cosa significa arginare le minacce a monte, anziché intervenire sui disastri a valle.
La contemporaneità, come rilevano tutti gli osservatori sociali, presenta numerosi aspetti complessi e problematici, che certamente non sono facili da affrontare. Tuttavia le soluzioni cosiddette tecnofix sono illusorie, perché non si può pensare di risolvere tutto con le nuove tecnologie. A meno di non desiderare l’avvento di una società irreggimentata, con disciplinari e dispositivi repressivi ovunque. Una triste società del controllo, che inevitabilmente finisce per violare la vita privata delle persone. Insomma, uno scenario che nulla a che fare con il benessere. Un discorso a parte andrebbe fatto sui reati compiuti da individui giovanissimi e immigrati, che per diversi aspetti non si sono o non si sentono integrati. Ma fatte salve le giuste regole della convivenza pacifica, l’integrazione è un optional. E forse anche questa è una lezione che possiamo imparare dai vecchi indiani sorridenti. Non occorre essere tutti uniformi e comportarsi nello stesso modo. Di più, le persone possono anche non integrarsi (così come accade a molte comunità di italiani residenti all’estero) e vivere in una società multiculturale, ma non necessariamente interculturale. A patto che la diversità non sia percepita come un reato e non diventi un problema. A patto che i programmatori di algoritmi abbiano l’accortezza di istruire la tecnologia a distinguere la criminalità dalla diversità di usi e costumi.
Purtroppo c’è chi, come si dice correntemente, sbrocca e “dà fuori di matto”. Guarda caso, stando alle cronache, lo fanno con maggior frequenza gli stranieri disagiati e i teenager sbandati. Cioè persone che vivono spiazzamenti, ristrettezze, difficoltà di comunicazione e pregiudizi. Per questi cittadini in difficoltà oggettive e soggettive, e per una quotidianità serena, occorrono politiche sociali appropriate, vale a dire amichevoli e formative, anziché puntare soltanto ai controlli di polizia. Scelte di apertura e di buona convivenza, oltre alla vigilanza. Scelte di civiltà.