La montagna del dio cannibale

9 lug 2020

La montagna del dio cannibale

Quella messa in scena dall’antropologo Duccio Canestrini è una montagna meravigliosa, dove la vita però è sempre stata dura. Silenzi mistici e tanta fatica. Una montagna equivoca, insomma, nel senso che ha sempre avuto diversi immaginari e diversi significati: Eden, rifugio, miniera, colonia, campo da gioco. Di dei cannibali ne ha conosciuti alcuni: un tempo il dio cannibale era concepito come un demone della natura che puniva gli arditi, travolgendo montanari e  mercanti, e attirando gli alpinisti verso il pericolo. Oggi, in epoca di decrescita felice (non verso un meno generico, ma verso “il meno quando è meglio”) il dio cannibale è forse un vecchio ed errato modello di sviluppo, quello che auspica una crescita del prodotto che però comporta un calo di cura: per le persone e per l’ambiente. In sostanza, più cose e meno rapporti. Più abbondanza materiale e meno felicità. Conviene difendersi!

Dal titolo di un filmaccio horror degli anni Settanta, esce inaspettatamente una riflessione del tutto positiva sul possibile sviluppo armonico delle comunità montane. Vale a dire la retta, per quanto erta, via. Immagini storiche, vignette, musiche, letture e videoclip, per una antropologia “pop” del vivere in montagna. Un mix tra ragionamento e divertimento.

Nell'ambito della manfestazione "Vette in vista" organizzata dall'associazione Stefano Zavka e la sezione provinciale del CAI di Terni.

La prima dello spettacolo si è tenuta a Trento, il 15 marzo 2012, prodotto dalla Accademia della Montagna di Trento.

L'ultima replica è stata fatta a Terni, il 27 gennaio 2013, presso il Centro Arti Opificio Siri - Caos Museum, a cura dell'Associazione Stefano Zavka e del Cai provinciale di Terni.