La montagna del dio cannibale
Quella messa in scena dall’antropologo Duccio Canestrini è
una montagna meravigliosa, dove la vita però è sempre stata dura. Silenzi
mistici e tanta fatica. Una montagna equivoca, insomma, nel senso che ha sempre
avuto diversi immaginari e diversi significati: Eden, rifugio, miniera,
colonia, campo da gioco. Di dei cannibali ne ha conosciuti alcuni: un tempo il
dio cannibale era concepito come un demone della natura che puniva gli arditi,
travolgendo montanari e
mercanti,
e attirando gli alpinisti verso il pericolo. Oggi, in epoca di decrescita
felice (non verso un meno generico, ma verso “il meno quando è meglio”) il dio
cannibale è forse un vecchio ed errato modello di sviluppo, quello che auspica
una crescita del prodotto che però comporta un calo di cura: per le persone e
per l’ambiente. In sostanza, più cose e meno rapporti. Più abbondanza materiale
e meno felicità. Conviene difendersi!
Dal titolo di un filmaccio horror degli anni Settanta, esce
inaspettatamente una riflessione del tutto positiva sul possibile sviluppo
armonico delle comunità montane. Vale a dire la retta, per quanto erta, via. Immagini storiche, vignette, musiche, letture e videoclip,
per una antropologia “pop” del vivere in montagna. Un mix tra ragionamento e
divertimento.
Nell'ambito della manfestazione "Vette in vista" organizzata dall'associazione Stefano Zavka e la sezione provinciale del CAI di Terni.
La prima dello spettacolo si è tenuta a Trento, il 15 marzo 2012, prodotto dalla Accademia della Montagna di Trento.
L'ultima replica è stata fatta a Terni, il 27 gennaio 2013, presso il Centro Arti Opificio Siri - Caos Museum, a cura dell'Associazione Stefano Zavka e del Cai provinciale di Terni.