l'Adige, 12 febbraio 2019
In tutte le epoche e a tutte le latitudini uomini e donne si sono incontrati, amati e accoppiati. Lo dice il nostro Dna, che racchiude tracce di gruppi umani molto distanti e persino di specie umane estinte, come l’uomo di Neanderthal. Dunque la diversità nell’aspetto fisico e la diversità di culture non sono mai state ostacoli all’attrazione fatale tra i sessi, anzi. Un precetto fondamentale di ogni comunità tribale (fatte poche eccezioni) è proprio quello esogamico, vale a dire la regola che vieta di sposarsi tra membri della propria famiglia e del proprio clan di appartenenza. Questo a favore della maggior varietà e mescolanza possibili.
Detto ciò, l’amore, la sessualità, le relazioni coniugali e persino i rapporti di parentela, in diverse culture si manifestano in forme variabili e diverse. Naturalmente esistono anche costanti, la specie umana, per dirne una, di norma non si accoppia in pubblico. Ma la libertà di scelta dei partner, le formalità di corteggiamento, la legittimità delle unioni presentano grandi variabilità. Vogliamo fare qualche esempio? Per gli ebrei ortodossi è consentito il matrimonio tra primi cugini, così come tra zio e nipote femmina, ma non tra zia e nipote maschio. In Indonesia, a Bali, l’incesto è proibito, ma non il matrimonio tra gemelli di sesso diverso, perché si presume che i due siano già stati in intimità nel ventre materno.
In Melanesia, sulle isole Trobriand, esisteva un’apposita casetta dove i giovani facevano esperienze sessuali. La descrisse il famoso etnografo Bronislaw Malinowski, negli anni tra il 1915 e il 1918, durante un lavoro sul campo che gli valse la docenza prima alla London School of Economics e poi alla Yale University. La capanna dell’amore, chiamata bukumatula era frequentata da adolescenti di entrambi i sessi, che vi praticavano la promiscuità, rientrando a casa loro solo per mangiare. Gli indigeni trobriandesi hanno sempre temuto il pericolo del potenziale incesto tra fratelli e sorelle, ecco dunque che la bukumatula serviva come valvola di sfogo, in modo che in famiglia i consanguinei si frequentassero il meno possibile.
In Polinesia, a Tahiti, la figura degli uomini transessuali sbalordì i primi viaggiatori francesi. Il cosiddetto mahu si depilava, tesseva, danzava e vestiva come le donne, rendendosi disponibile per i mariti soli, quando le mogli si assentavano da casa. Il fatto curioso è che copulando con il mahu guerrieri e padri di famiglia assumevano il ruolo passivo.
Amori selvaggi, esotici, lontani dalla nostra civiltà? Non soltanto. Per avvicinarci alle nostre radici culturali, basti pensare alla centralità che avevano le relazioni omosessuali maschili nella cultura greca. Da Creta ad Atene, passando per Sparta, l’Ellade arcaica conosce la pederastia come fenomeno di massa, almeno per quanto riguarda i ceti aristocratici, per i quali ha valore di iniziazione sociale: ogni adolescente viene affidato per un certo periodo a un maschio adulto che funge da educatore e da amante (erastès), sotto la cui guida sviluppa la propria virilità. Naturalmente queste e altre usanze che a noi paiono bizzarre sono condivise e codificate, se non da leggi da consuetudini, per cui per esempio la poligamia o l’omosessualità possono essere comportamenti socialmente accettati in un Paese, ma costituire addirittura reato in un altro.
Le politiche e le pratiche del sesso sono culturali. La naturale pulsione erotica viene, per così dire, messa in forma; e infatti prende forme matrimoniali e forme patrimoniali, attraverso patti sociali e istituzioni religiose. Il potere riproduttivo, in particolare, è sempre stato sotto controllo, ovviamente con molta attenzione alle pratiche feconde, ma anche a quelle infeconde, come la masturbazione o il coitus interruptus. Ne deriva che ogni devianza rispetto alle regole, ieri come oggi, sia stigmatizzata.
L’etnografia e l’antropologia culturale aiutano a capire la complessità del pensiero e delle azioni umane. Negli anni in cui Malinowski viaggiava avventurosamente in Oceania, Sigmund Freud nella casa di Vienna elaborava la sua teoria psicoanalitica: l’importanza fondamentale della libido, le fasi psicosessuali, i tabù, il cosiddetto “complesso” di Edipo. Una teoria che ambiva a illuminare, universalmente, i recessi della psiche umana. Niente di tutto ciò all’altro capo del mondo, invece, dove Edipo nessuno l’aveva mai sentito nominare.