L'Adige, 27 luglio 2023
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Complice il gran caldo, quest’estate c’è chi porta in spiaggia pratiche e fantasie bizzarre. Tipo quello che ha steso un telo 8 metri per 8, in modo da non avere vicini di sdraio. O quello che ha modellato con la sabbia il divano di casa a grandezza naturale. Ma sono i comportamenti più normali che si prestano a un “turistario” balneare, perché l’antropologia si può fare ovunque, anche al mare. Vengo al punto: l’ombrellone, come si pianta, dove si pianta e chi lo pianta.
Dico subito che piantare l’ombrellone è un gesto assertivo carico di una forte valenza simbolica, come piantare una bandierina, come erigere una pietra confinale, come delimitare idealmente un’area conquistata e privata. Un tempo i coloni veneziani erano chiamati piantaleoni (da cui il culto di San Pantaleone) perché prendevano possesso dei nuovi territori piantando i vessilli con i leoni alati della Serenissima. Piantare l’ombrellone è certamente un’impresa meno eroica, ma non riguarda solo chi intende guadagnare un po’ d’ombra, ha implicazioni psicologiche e sociali.Gli ombrelloni non differiscono molto tra loro, sono con o senza i raggi, con la punta dell’asta filettata per una maggior penetrazione, oppure cava per operare una sorta di carotaggio nel terreno. Ormai tutti hanno l’asta bianca telescopica per regolarne l’altezza. Alcuni presentano uno snodo, così da poterli orientare come girasoli, senza doverli estirpare e ripiantare con il passare delle ore.
Le tecniche popolarmente impiegate invece, sono diverse. C’è chi trivella girando con piccoli passi attorno al buco nella sabbia. C’è chi batte, chi manovra avanti e indietro come adoperando una leva, chi usa una paletta per fare un piccolo cono di rinforzo alla base, e chi “cementa” il buco con una secchiellata d’acqua. Fare il buco è un’azione decisiva, che però diventa una prova. Sarà abbastanza profondo? L’ombrellone terrà? Resisterà a un colpo di vento o ci cadrà sulla schiena con tutti i costumi bagnati appesi alle stecche?
Per qualche legge non scritta piantare l’ombrellone tocca ai maschi. Questo le signore lo danno per scontato. E, anzi, mentre il lui di turno si affanna, come abbiamo visto, loro conversano con le amiche, un tantino impazienti. Piantare il palo è una dimostrazione di efficientismo virile, un ruolo che ha qualcosa di atavico. Mai e poi mai un fidanzato o un marito starebbero fermi a guardare. Ecco allora che l’operazione diventa una delicata e – di questi tempi controversa - questione di genere. Perché la prestazione può riuscire, ma anche no. “Hai finito?”, chiede una signora scocciata al marito, come se procurare la benedetta ombra fosse un lavoretto da sbrigare velocemente e non riguardasse anche lei e i bambini. Fidarsi del coniuge, del figlio cresciutello o dell’amico?
Ecco allora che non si parla più solo di ombrelloni, ma di affidabilità, di uomini e donne, in definitiva di relazioni. Una volta piantato l’ombrellone, di solito l’uomo (che probabilmente ha guidato l’automobile per alcune ore) schianta steso sull’asciugamano, mentre la consorte invia messaggi whatsapp; poche leggono libri in spiaggia, ma a onor del vero sempre più dei maschi.E veniamo al dove. Mentre echeggia la voce stentorea del venditore di cocco (con il suo immutabile richiamo: coccobello!), una donna orientale si accovaccia accanto a una signora per proporle un massaggio, un gigante senegalese vende collane e foulard, un esile pakistano si aggira con un enorme pannello pieno di occhiali da sole. La distanza fisica tra tutte queste persone è un fattore culturale, c’è chi non ci fa troppo caso e chi invece non sopporta affollamenti e promiscuità. Dunque dove mettersi? Posizionarsi in spiaggia è una scelta tattica, per evitare che i bagnanti nell’andirivieni ti riempiano di sabbia, ma soprattutto per poter godere della massima vicinanza al mare. A costo di piazzarsi in pole position sulla battigia demaniale, davanti a chi si credeva già in prima fila. Piantare l’ombrellone è una performance che ha aspetti sociali proprio perché si fa su una spiaggia che è teatro di rapporti umani, di maschere identitarie e nudità, di orgogli e vergogne. Di usi e costumi, in tutti i sensi.