L'arcipelago degli animalisti
l'Adige, 22 aprile 2023
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Leonardo da Vinci, passando per Firenze davanti alle gabbie degli uccelli imprigionati e messi in vendita, li comprava per poi lasciarli liberi di volare. Era animalista Leonardo? E la signora che adora il suo barboncino? E chi non mangia gli animali? La vicenda dell’orsa Gaia (Jj4) ha generato enorme interesse, ben oltre i confini del Trentino. Coloro che si spendono in sua difesa, tra i quali molti turisti, sono definiti animalisti, spesso con una vena di disprezzo. Ma animalisti è una qualifica attribuita a persone che hanno idee troppo diverse sul mondo naturale per costituire un’unica categoria.
Vale la pena entrare nella complessità di questa galassia, per capirne un po’ la storia e le coordinate.L’assunto di fondo, difficilmente contestabile, è che da sempre l’umanità abusa degli animali, e sa di farlo. Perciò nei sacrifici cruenti dell’antichità greca, come nelle battute di caccia degli indiani d’America, si chiedeva scusa alle vittime animali, confidando nel loro perdono. Tra il Seicento e l’Ottocento in tutta Europa si diffondono stampe popolari che raffigurano il cosiddetto mondo alla rovescia, immagini di pescatori presi all’amo da grossi pesci, muli che frustano i padroni, maiali che squartano macellai, lepri che sparano ai cacciatori e così via. Attraverso il rovesciamento delle parti emergono alla coscienza collettiva dubbi evidenti sul nostro diritto a procurare dolore agli animali. E il vecchio film “Il Pianeta delle Scimmie” in questo senso rimane un indimenticabile atto di accusa.
Non occorre dunque essere animalisti per rendersi conto che l’umanità ha fabbricato le sue sorti sfruttando il mondo animale per il lavoro, per la caccia, l’allevamento e la sperimentazione. Ma curiosamente chiunque avanzi simili dubbi sulla assoluta priorità degli umani rispetto ai non umani, viene tacciato di anti-umanesimo o, appunto, di animalismo. Molte culture hanno teorizzato disparità e gerarchie tra esseri, in Occidente le abbiamo costruite filosoficamente e “naturalizzate” a nostro vantaggio: da una parte noi animali privilegiati, dall’altra gli animali sacrificabili. Sicché oggi mettere in discussione la barriera di specie risulta rivoluzionario.
In realtà lo spettro delle posizioni cosiddette animaliste è ampio e variegato, proprio come il panorama sociale dei Verdi quarant’anni fa, che fu definito un “arcipelago”. E come allora oggi gioverebbe distinguerne le isole talvolta comunicanti, altre voltre troppo distanti tra loro per agire concordemente. Per esempio, sono animalisti gli ambientalisti? Non necessariamente. Gli ambientalisti (insieme a molti etologi) antepongono la specie all’individuo, per esempio si attivano per il benessere degli orsi su un territorio, rispetto alla sorte di un singolo orso. Un po’ come se noi ci preoccupassimo delle sorti dell’umanità, tralasciando la tutela della vita e dei diritti dei singoli individui.
Spesso nel linguaggio dei media e dei politici si bollano come animalisti gli zoofili amanti degli animali (e magari solo quelli “da compagnia”), persone che non mangiano carne, operatori di pet therapy che portano cani nei reparti ospedalieri, soci della Lipu (Lega italiana per la protezione degli uccelli) e della Lac (Lega per l’abolizione della caccia), gestori di fattorie didattiche, seguaci della religione indiana jainista, attivisti per i diritti degli animali, appassionate gattare, filosofi che ragionano sull’antispecismo come evoluzione dell’antirazzismo, militanti dell'Animal Liberation Front che passano alle vie di fatto, come faceva Leonardo da Vinci, liberando conigli e polli dai capannoni o visoni da pelliccia destinati a morire per elettrocuzione.A prescindere dalle classificazioni, queste scelte e questi movimenti eterogenei, attraversati come sono da diverse correnti di pensiero e da diatribe interne, sono interessanti per la storia delle mentalità. Perché danno conto di una sensibilità comune mutata e in evoluzione, che per ragioni evidenti (basti pensare al nostro impatto sul cambiamento climatico) fa traballare le colonne dell’antropocentrismo. La persecuzione di una madre orsa che per difendere i cuccioli uccide il runner dal quale si è sentita minacciata, suscita in tutta Italia un’onda di sdegno a causa della guerra dichiarata dall’uomo a tutti gli animali, non soltanto ai selvatici. A giudicare dalle cronache e dalle mobilitazioni, Gaia è divenuta il simbolo di una violenza sistematica, che per molte persone è semplicemente ingiusta.