Le scatole portapersone
Cari Watussi,
beati voi che con tre passi fate sei metri! Impieghereste certo meno
tempo per andare al lavoro di quanto impiego io, guidando la
scatolamobile. E' proprio di questo carro che vi voglio parlare oggi,
di questa scatola portapersone dove ci infiliamo tutti, per andare dove
dobbiamo andare, su quattro ruote che girano, velocissime. Nascosti
dentro nella pancia, questo carro ha pezzi di ferro che girano, si
scaldano e fanno rumore, ha dentro una macchina-motore. La scatola
portapersone ha due sedie davanti e un divanetto dietro. La
costruiscono con delle finestrelle trasparenti che si possono aprire:
noi guardiamo fuori: gli alberi e le case si muovono, e questo ci dà un
senso di felicità e di libertà . Voi direte: che fortuna! Lo so che può
sembrare strano, ma attenzione: muoverci in fretta così, dentro le
scatole che fanno rumore, lo vogliamo fare, ma allo stesso tempo lo
dobbiamo fare. Ci spetta di diritto e ci tocca per dovere. Ma questo
non importa, ciò che importa veramente è che ciascuno possieda la
propria scatola portapersone.
Di tutti i paesi dell'Europa, il mio è il più fortunato: in Italia
abbiamo molte più scatole di quelle che hanno gli altri paesi. Siamo
più motorizzati, siamo più civilizzati. Ci sono strade, belle lisce,
per le ruote velocissime, ormai dappertutto. In Italia vogliamo bene
alle nostre scatole. Non importa di che colore siano o che forma
abbiano. Le curiamo, le decoriamo. Ogni scatola ha un numero, così non
si confondono. Qualcuno ci incolla vicino delle erbe con tre foglie
rotonde che portano fortuna, o dei coniglietti d'argento che si
accoppiano, che qui sono simboli di fecondità . Ne ho vista una che
aveva dentro un guardiano: era un grande bruco verde e giallo di
stoffa, che muoveva la testa in su e in giù, come dire va bene così.
Dallo specchietto che serve per vedere se ci sono altre scatole
portapersone che arrivano da dietro, a volte pendono dei topini di
peluche, piccoli crocifissi oppure cornetti di colore rosso fuoco.
Qualcuno si porta dentro anche le teste dei santi e delle nostre
divinità , che proteggono i guidatori dagli scontri. Noi crediamo molto
a queste cose e speriamo sempre che vada tutto bene.
La domenica mattina, dopo la messa, il mio vicino di casa lava la sua
scatola portapersone. Le fa lo shampoo, l'asciuga con una coperta, la
lucida e le vuole molto bene. Purtroppo capita che le scatole si
rovinino. Quando si ammaccano o si graffiano perché si toccano tra di
loro, subito tutti i passeggeri scendono e le guardano con facce tristi
e scure. Spesso alzano la voce e si mettono anche a litigare. "Perché
hai guidato la tua scatola portapersone contro la mia? Non mi hai
visto? Ti piace rompere le scatole?" A furia di dai e dai, il motore si
stanca di spingere, le ruote si stancano di girare, i divanetti dentro
si stancano dei sederi delle persone. Quando le scatole mobili
cominciano a fare rumori strani, le portiamo da medici speciali. Sempre
maschi, mai femmine. Questi uomini, ricchi e sporchi di nero, le
guardano dentro e fuori, poi ci dicono cosa bisognerebbe fare per
guarirle. A volte le nostre scatole sono soltanto vecchie, troppo
vecchie per continuare a correre. E allora le portiamo al cimitero. Il
cimitero delle scatolemobili è un posto triste, cupo e spaventoso. Qui
i dottori tentano trapianti difficili, da una scatola all'altra. Qui le
scatole vengono schiacciate perché occupino meno spazio. Nessuno le
accarezza più, nessuno si arrabbia se si ammaccano.
Cari Watussi, quasi quasi mi dimenticavo di parlarvi di una cosa.
Della guerra delle scatole portapersone. In Europa, negli ultimi dieci
anni questa guerra ha causato quattrocentomila vittime. Tutti morti
schiacciati dentro le loro scatole. La combattiamo tutti quanti, ogni
giorno, grandi e piccoli. La combattono anche quelli che vanno a piedi
come voi, che qui si chiamano pedoni, e non entrano nelle
scatole. Si guardano a destra e a sinistra, sempre spaventati per la
paura che una scatola salti fuori di colpo e gli finisca addosso. Le
scatole fanno rumore, ma questa guerra è silenziosa, perché qui la
gente non ne parla mai. E' come se fosse una cosa normale, come una
bestia feroce che si porta via la vita della gente, mentre sta andando,
mentre guardiamo fuori dalle finestrelle, felici e contenti, gli alberi
e le case che si muovono. E molti finiscono proprio così. E allora
arrivano dei soldati speciali che tirano fuori la persona morta dalla
sua scatola e la mettono in un'altra scatola, sottoterra. Nessuno parla
di questa guerra, ma il lontano paese da dove vi scrivo, cari Watussi,
è un paese libero dove si può e si deve andare in scatola dappertutto.
Senza dubbio, il migliore dei paesi possibili.