Scritti

Ma evitiamo la psicosi. L'impatto sociale dell'emergenza Covid

6 dic 2020

Parliamo di antropologia, psicologia, salute, sociologia,

Scritti

Ma evitiamo la psicosi. L'impatto sociale dell'emergenza Covid

l'Adige, 11 ottobre 2020

La malattia non è soltanto una questione medica, è un fenomeno al contempo sociale, politico, economico. Ed è giusto raccontare anche le crisi, i dubbi, i sensi di colpa, gli abusi. Perché non si vive di soli allarmi. Non si vive di sola emergenza.

Attenzione le immagini che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità. Clic. Parte il video in cui si vede il professore che schiaffeggia lo studente perché non indossa la mascherina in maniera corretta. L'aggressione viene filmata da un compagno di liceo. Siamo a Teggiano, in provincia di Salerno, il dirigente scolastico chiamerà i carabinieri. Come può accadere una cosa simile? Può, perché viviamo un disagio diffuso. Uno sconcerto che per molti diventa insicurezza ed ansia.
L'Associazione nazionale professionale italiana di Antropologia (ANPIA) in un report intitolato "La società in provetta" ha analizzato questa situazione, il timore del contagio, le nuove fobie, le conseguenze del distanziamento fisico. In breve, l'impatto sociale del covid. "La vita di comunità è caricata di nuove inquietudini e sofferenze, che necessitano oggi più che mai di essere documentate, monitorate, raccontate, ripensate". La malattia non è soltanto una questione medica, è un fenomeno al contempo sociale, politico, economico. Ed è giusto raccontare anche le crisi, i dubbi, i sensi di colpa, gli abusi. Perché non si vive di soli allarmi. Non si vive di sola emergenza.
La rappresentazione del virus come un nemico contro il quale siamo chiamati a combattere adotta una retorica bellica che mette fuori gioco la comunità, con le sue le reti parentali e amicali. In questa situazione di emergenza (ma può un'emergenza durare un anno?) possiamo solo nutrire qualche perplessità e adeguarci alle misure di controllo del contagio. Pena la solita accusa di irresponsabilità. Senza entrare nel merito di argomenti controversi e delle molte incongruenze (quasi sempre a proposito di attendibilità: dei tamponi, dei "nuovi" contagi, dei vaccini, del dati sul tasso di mortalità del virus SARS-Covid19 al giorno d'oggi in Italia) è evidente che una comunicazione martellante ha generato anche psicosi.
Siamo al limite dello scenario immaginato da film di fantascienza come L'invasione degli Ultracorpi, e molti altri, anche più recenti (L'isola, Gattaca, Elysium). Dove il controllo sociale diventa una normale conseguenza di quella che il filosofo Michel Foucault definì "biopolitica", e cioè l'insieme delle norme e delle pratiche adottate da uno stato sovranista per regolare la vita degli individui nei suoi ambiti più intimi. In primis ovviamente la salute, poi l'alimentazione, la riproduzione, la morte. Sempre dal punto di vista sociologico assistiamo a una netta divisione tra ortodossi, cioè i ligi ubbidienti in opposizione agli eretici. Con una radicalizzazione delle diverse visioni dell'epidemia, che porta una cosiddetta polarizzazione. Nelle famiglie, sul lavoro, al bar le discussioni si fanno accanite. Questioni di logica elementare vanno a farsi benedire, con grande stupore da una parte e dall'altra, accuse incrociate, amicizie troncate, etichettature e classificazioni sommarie di chi prova a capirci qualcosa: cospirazionisti, nomask, negazionisti. Spesso, a prescindere dal merito delle riflessioni, si "diventa" complottisti soltanto per il fatto di informarsi autonomamente sull'opportunità di questo o quel decreto governativo. E guai a osservare semplicemente che oggi da noi in Trentino, per vari motivi, non ci sono decessi causati dal coronavirus.
Alla conta dei contagiati viene data una priorità anomala, da tutti i telegiornali. Sul piano della salute, le altre patologie come le cardiopatie e i tumori, praticamente non esistono più. Milioni di visite specialistiche sospese, migliaia di ricoveri e di interventi chirurgici non effettuati, screening oncologici rimandati. Per non dire di tutti gli attualissimi guai dell'Italia, la mafia, la corruzione, la disoccupazione.
Dunque benvenuti nell'era della perplessità e del dissenso zittito. L'era in cui i bambini crescono in un clima di paura nei confronti dell'altro, e vengono educati a non prestare mai la gomma per cancellare. In strada abbassiamo la mascherina per prendere fiato, sentendoci in colpa come fossimo fuggiaschi braccati. Su la mascherina, se si incrociano alieni. Su tutto questo le scienze sociali (sociologia, antropologia, psicologia) non possono far finta di niente. A fronte di un quadro clinico diversissimo da quello della "primavera nera" 2020, ci troviamo a vivere ancora nello spavento. Ora se non diamo voce al disagio, la situazione rischia di diventare esplosiva. Sarebbe irrispettoso e ingiusto dimenticare le sofferenze dei malati e dei famigliari delle vittime di covid. Ma informarsi, ragionare, farsi apertamente delle domande quantomeno sul passato e sul presente (il futuro per definizione è incerto) è da cittadini responsabili.

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