L'Adige, 12 agosto 2023
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Efferato l’assassinio, quanto è delicato l’argomento delle responsabilità. Il crudo fatto, sfrondato dalle illazioni e dalle strumentalizzazioni, è questo: una sera d’estate, in un parco roveretano, una signora italiana di 61 anni viene trucidata a pugni in faccia da un uomo nigeriano di 37 anni. Apparentemente, il disgraziato non aveva alcun movente. Conoscevo Iris Setti e sono letteralmente scioccato e costernato da ciò che le è stato fatto. Cerchiamo a fatica di riprenderci, per non dare per persa la vivibilità di Rovereto.
Sembra tutto drammaticamente chiaro, e invece è una questione molto complessa. Una complessità che in questi giorni viene ignorata da una serie di accuse incrociate e bypassata da uno striscione esposto da Casa Pound alla pacifica e affollatissima fiaccolata di solidarietà; la scritta recita “L’immigrazione uccide”. Una generalizzazione inaccettabile. Orribile, come il crimine commesso da Nwekw Chukwuka. Tra l’altro, proprio all’indomani dell’ennesima morte di 41 migranti affogati al largo di Lampedusa.
Se c’è chi perde la ragione, in tragiche circostanze, noi dobbiamo invece vigilare. Aldilà dei problemi di sicurezza, che tutte le forze politiche si pongono, parlando la stessa lingua (sia la destra, sia la sinistra sono per l’aumento dei controlli e della videosorveglianza) urge fare un ragionamento, per non fomentare reazioni razziste da Ku Klux Klan.
Prima considerazione: se una persona fuori di testa si aggira ammazzando chi gli capita a tiro è un africano, scatta l’allarme invasione degli stranieri criminali. Se invece è un italiano a nessuno viene in mente di commentare la sua nazionalità. Proprio come si è visto nel caso del sacrestano di Santa Maria trucidato da un roveretano, nel 2012. Nessun allarme sociale, poca eco mediatica.
Seconda considerazione: quanto è accaduto è terribile. Ma “allontanare subito i soggetti pericolosi dall’Italia” come risposta del Governo al fatto di cronaca, legittima un ragionamento sbagliato. Il delitto commesso da un immigrato non dovrebbe diventare pretesto per scatenare la xenofobia. La salute mentale, logicamente, non è correlata al colore della pelle.
Terza considerazione, a parziale correzione di quanto sopra: esiste ampia documentazione relativa ai disturbi mentali degli immigrati africani che hanno vissuto gravi traumi esistenziali. Il che ovviamente non giustifica alcunché. Di certo però non si può tacere su scelte omissive e controproducenti. I centri di accoglienza e di assistenza sono stati ridotti e penalizzati. Il Cinformi, che faceva un ottimo lavoro, è stato decimato. I corsi di lingua italiana smantellati. I servizi di salute mentale sottodimensionati. Insomma, pur nelle difficoltà di gestire molte persone in cerca di una nuova vita presso le nostre comunità, non si è lavorato per l’integrazione con opportune politiche sociali. Anzi. E l’emarginazione sociale amplifica la devianza. In generale, quindi, il problema non è l’accoglienza, ma casomai la sua mancanza. Tant’è che il signor Chukwuka pare sia stato estromesso dal dormitorio abituale poco prima di uccidere una passante, a caso. Con tutte le ragioni che conosciamo (schiamazzi, spaccio di sostanze illegali, molestie, ubriachezza, eccetera) ma nelle sue condizioni uscire di testa era un attimo. I roveretani lo avevano già visto gridare per la strada e dare in escandescenze. Era stato segnalato per aver preso a testate le automobili in mezzo al traffico. Le sue sorelle, inascoltate, avevano più volte lanciato l’allarme: è folle! Qualcosa andava fatto per prevenire gravi conseguenze.
Le letture di questo tragico fatto di cronaca per adesso sono tre. Una di genere, una xenofoba e una psichiatrica. Quella di genere, che oggi rimbalza sulle reti sociali, a mio avviso semplifica un po’ troppo le cose: l’immigrazione non c’entra nulla, un uomo ha ucciso una donna, dunque si tratta dell’ennesimo femminicidio. Della lettura xenofoba ho già detto, ma ascoltando le parole del sottosegretario agli Interni Nicola Molteni, accorso a Rovereto, “i soggetti pericolosi vanno espulsi”, il pensiero corre a tutti i mariti italiani violenti imbarcati su una bella nave e mandati… dove? La terza lettura del brutale omicidio è relativa al disagio mentale, il quale, è vero, non si manifesta necessariamente con comportamenti aggressivi. Ma in questo caso pare che sia così. Anche se il soggetto non risultava noto all'Azienda provinciale per i servizi sanitari: era stato sottoposto a perizia senza che gli fosse riconosciuta alcuna patologia psichiatrica.
Ora, a prescindere dalle ipotesi e dalle interpretazioni, “shit happens”, come dicono gli inglesi: eufemisticamente, il male accade. Lo vediamo tutti i giorni nei film e nelle serie di Netflix, lo leggiamo nei romanzi gialli. Possiamo invocare strumenti predittivi e misure coercitive, pretendere garanzie di sicurezza, auspicare solidarietà e sognare convivenza armonica. Ma come cantava Vasco Rossi la vita è tutto un equilibrio sopra la follia.