Scritti

La pastorizia non è sacra

6 dic 2020

Parliamo di antropologia, ambiente,

Scritti

La pastorizia non è sacra

l'Adige, 26 novembre 2020

Sicché siamo ancora al lupo cattivo. Complimenti, grandi passi avanti. È fin troppo facile prendersela con i lupi (e con le lupe). Come se fossero la minaccia della nostra vita quotidiana, o un problema di ordine pubblico. Come se i lupi latrassero famelici sotto le mura di paesi e città aspettando di sbranare il primo pellegrino che passa. Invece, alla peggio, sbranano una povera pecora lasciata indifesa sull'alpe - colpevolmente - in balia dei predatori naturali. I figli di quella pecorella verranno invece sbranati da noi umani, che riteniamo di averne giusto diritto, nonostante la nostra alimentazione abbia cento alternative. Che il lupo non ha. Il lupo non è un incidente di percorso. Il cosiddetto incubo della sua presenza non è affatto un incubo, è una coesistenza difficile e millenaria. Così come quella con orsi, linci, volpi, tassi e cinghiali, tutti accusati di essere nocivi. Da sterminare, perché nei boschi dobbiamo andarci solo noi. Ma non è vero che per colpa dei lupi nessuno va più in montagna. Come ha dimostrato il Coordinamento ambientalista del Trentino, il collegamento tra la presenza dei lupi e l’abbandono della montagna è una fake news, lo dicono le statistiche.

Dunque è evidente che il "problema" dei lupi sta nella competizione tra grandi predatori: diciamo nella sovrapposizione di nicchie ecologiche, la nostra e la loro. Con la differenza che noi ci siamo inventati l'allevamento. Un'attività cui attribuiamo un grande valore, forse anche in virtù del fatto che il Cristianesimo, così come gli altri culti mediorientali, è una religione pastorale, nata tra i pastori. La Bibbia è zeppa di metafore ovine. Signore tu sei il mio pastore. Il fatto che l'economia tradizionale del Trentino venga definita agro-silvo-pastorale, non significa però che la pastorizia sia sacra. Inutile ricordare che esistono altre economie, primarie, secondarie e terziarie. Vogliamo pensare a un giusto equilibrio? Siamo proprio sicuri che i bravi pastori siano i soli araldi della nostra identità? Sarebbe strano, peraltro, visto che il loro lavoro non viene particolarmente agevolato, salvo occasionali indennità qualora lamentino perdite di animali a causa dei grandi carnivori.

Non sono sicuro che il compito degli antropologi e più in generale degli analisti sociali sia quello di assecondare il buonsenso, né il comune sentire della maggioranza rumorosa. Anche le tradizioni più antiche possono essere criticate. E magari cambiate. A volte sarebbe meglio fare un passo indietro e considerare punti di vista diversi. Progressisti? Tutto è relativo, naturalmente. Ma l'antropocentrismo che esclude tutto ciò che possa nuocere all’interesse degli umani, come ha recentemente ricordato anche il direttore del Parco Naturale Adamello Brenta, oggi suona limitato e fa un po' tristezza. Possibile che non si riesca a superare quella connotazione medievale del lupo come simbolo della natura ostile? Siamo ancora alle categorie della ferocia e della bontà? Suvvia, un po’ di apertura alla biodiversità, meglio tardi che mai; un po’ di audacia, perché a furia di mangiate di formaggio e spezzatino, più che la saggezza crescono il colesterolo e la misura del girovita.

Siamo seri, il lupo fa il lupo. La convivenza è scomoda, sì, ma è inevitabile, lo ha ribadito la settimana scorsa il veterinario Paolo Madrucci, direttore del Dipartimento della Prevenzione della Asl di Grosseto (i lupi esistono anche altrove). La Provincia di Trento e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ora hanno avviato un progetto di monitoraggio che durerà fino a marzo 2021 e che vede la partecipazione del MUSE, del Corpo forestale trentino, dell’Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche e di volontari di varie associazioni, oltre a quella dei cacciatori. Questi ultimi molto interessati, chissà come mai. Ma aldilà delle politiche di gestione faunistica, la figura del lupo trascende la sua etologia. Come la luce esce dall'ombra così il lupo esce dal bosco: gli antichi greci lo associavano al dio Ares e ad Apollo, come bestia al contempo notturna e solare. Il bosco sacro che circondava il suo tempio ad Atene si chiamava lukaion, il regno del lupo, dove il filosofo Aristotele andava a fare lezione. In Scandinavia e in Germania il lupo era venerato e temuto come una divinità, simbolo di iniziazione a una conoscenza superiore, istintuale. Per gli antichi romani (si ricorderà la lupa di Roma) era un animale sacro, genitore e fondatore. Il suo simbolismo, come la paura che incute, è universale, poiché è associato alla foresta, misteriosa e fitta. Temere il mistero del lupo è giusto e sano, come è giusto che i bambini in strada abbiano paura delle automobili (che sono i veri grandi predatori della vita moderna). A molte persone queste cose interessano, perché non si vive di sola ricotta.

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