Scritti

Se la movida diventa il nemico

18 dic 2020

Parliamo di media, sociologia, antropologia,

Scritti

Se la movida diventa il nemico

l'Adige, 31 maggio 2020

A quanto pare c'è sempre bisogno di un nemico per dare sfogo a una rabbia a lungo incubata in questi mesi di isolamento forzato, e ora sotto il bavaglio. E quindi ecco lo spettacolo del tutti contro tutti: runner, subacquei, aperitivisti, "movidari", fidanzati che si baciano.

"Umani siete strani".
"Be', anche voi extraterrestri non scherzate".
"Sì, ma guardate come siete messi, dopo averne combinate di tutti i colori, adesso avete paura di voi stessi. E vi evitate".
Dialogo immaginario tra un umano e un alieno. Già, come siamo messi? Come la mettiamo, come la metteremo?

Le nostre potenzialità sono grandi, la nostra capacità simbolica - il linguaggio oltre alla tecnica - ci ha portati a gestire l'intero ecosistema del pianeta Terra. Nel bene e nel male. Un'epidemia globale è uno shock antropologico. Per ciascuno di noi è stato anche uno shock psicologico, personale. Da una parte è tempo di prendere le distanze da una narrativa catastrofista, della serie dacci oggi il nostro panico quotidiano. Basta con la conta: non si muore solo di Covid, santocielo, se ci mettessimo a contare ogni sera tutti i morti del mondo per altre cause, sai che botta di ottimismo. Com'è stato detto, dotiamoci di un sistema che scatti subito al primo segnale di infezione, e proviamo a lasciare in pace le persone. Forse siamo ancora in tempo per limitare i danni. Dall'altra la reazione non può essere un inconsapevole oblio, una rimozione. Dimenticare il trauma? No, dobbiamo invece elaborarlo, al meglio delle nostre possibilità. E ne abbiamo i mezzi.

L'inoperosità che ci è stata imposta ha portato smarrimento, depressioni e suicidi (drammi di cui i telegiornali parlano poco). Ma anche tanti pensieri. Abbiamo vissuto un tempo di meditazione forzata. E siamo ancora nel tempo delle domande e del disgelo, le risposte le avremo vivendo. Oggi molti - non tutti - sono incattiviti. Basta accendere la tivù per ascoltare persone che danno dei cretini a chi non segue indicazioni e regole arbitrarie. Prima c'era chi dava della "gretina" alla ragazzina svedese preoccupata della salute del pianeta. A quanto pare c'è sempre bisogno di un nemico per dare sfogo a una rabbia a lungo incubata in questi mesi di isolamento forzato, e ora sotto il bavaglio. E quindi ecco lo spettacolo del tutti contro tutti: runner, subacquei, aperitivisti, "movidari", fidanzati che si baciano. Se poi a non portare la mascherina (magari perché gli è caduta) è uno straniero, cioè un "diverso", scatta la discriminazione etnica: è accaduto il 25 maggio scorso al mercato di Rovereto, dove un soggetto problematico poi sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, è stato coperto di insulti razzisti mentre veniva ammanettato. Siamo sull'orlo di una psicosi collettiva. Questo si spiega, beninteso. La Scienza ha fallito, lo dimostrano il brancolamento e le affermazioni discordi degli specialisti. Di conseguenza siamo costretti, a credere anche in ciò che appare illogico. Nel caos dei provvedimenti a tutela della nostra salute ci aggrappiamo, da credenti, a certezze traballanti. Odiamo i trasgressori, fulminiamo con gli sguardi, ci evitiamo. Ritrovarsi con gli amici oggi viene tradotto con un lessico da regime, "assembramento nemico della ripartenza". Distanza tra umani uguale virtù. Ebbene sì, extraterrestri, siamo strani.

Dal canto suo la politica, che ha fallito anch'essa, dice che se ci ammaliamo è colpa nostra, se guariamo è merito di chi comanda. Mentre sappiamo che in Italia proprio la politica ha preparato, con incoscienza, le condizioni per un tracollo in caso di emergenza sanitaria. Informazioni confuse, sanzioni in caso di violazione, e nessuna delega al buon senso e alla ragionevolezza dei cittadini. Noi si ubbidisce, non per convinzione ma per paura delle multe. Quanto agli assistenti civici volontari, tanti auguri: avrebbero bisogno come minimo di un'adeguata formazione culturale, perché le umanità e i casi della vita sono tanti.

Fidarsi? Bello sarebbe, ma di chi? E ne ascoltiamo di dibattiti, e ne leggiamo di cose, in rete, nei libri, sui social, sui giornali. Alla fine non abbiamo capito niente, o quasi. Salvo che siamo divisi più di prima, e a parte la retorica del male comune (ma tra stipendiati e non stipendiati si è allargato il baratro) in questo pandemonio ci sono interessi di parte, che confliggono. Ma guai a ragionare, perché rischi di essere bollato come complottista barra terrapiattista.Voglio riportare letteralmente le parole di un medico, il dottor Paolo Spada dell'Istituto Humanitas di Milano: "Per fortuna c’è chi esce di casa. Per fortuna c’è chi non è più barricato nel terrore dell’epidemia. Vogliamo infliggere ulteriori ferite o vogliamo provare a uscirne?

Vorrei che mi si spiegasse qual è il problema della cosiddetta movida, espressione che compare su tutti i giornali come fosse il pericolo numero uno di questi giorni. Si parla solo di loro, dei ragazzi che finalmente, dopo aver rispettato – con lodevole disciplina – tre mesi di clausura, ora tornano ad animare le strade. La mia domanda è: ci sono stati casi di contagio tra questi ragazzi, in questi giorni, sì o no? Perché a noi non risulta". So di un parrucchiere trentino avvilito. E' stato segnalato alle forze dell'ordine da alcuni passanti che hanno notato, attraverso la vetrina, due clienti seduti "troppo vicini". Come cantava Eugenio Finardi nel 1978, extraterrestre portami via!

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