Shelter from the storm. Antropologia dell'ospitalità .

4 lug 2020

Shelter from the storm. Antropologia dell'ospitalità .

Shelter from the storm. Antropologia dell'ospitalità .

Bob Dylan nella canzone Motorpsycho Nightmare dipinge il quadretto di un viandante costretto a una precipitosa fuga notturna, poiché l'agricoltore che lo ospita lo sorprende con la bella figliola. Ospitare è una sorta di comportamento a rischio che richiede, appunto, un'indennità , una qualche contropartita, anche in forma di dono.

In antropologia lo straniero di passaggio è una figura imbarazzante. Non appartiene alla comunità , eppure ha dei bisogni. Né si può ignorarlo, lasciandolo sulla strada, senza avvertire un senso di obbligazione. Ma albergare un estraneo è un'idea ardita. Qualunque sia il suo statuto (pellegrino, mercante, soldato, esploratore, missionario, antropologo, giornalista, immigrato, villeggiante, turista) l'ospite è una persona fuori luogo, che bisogna collocare all'interno della comunità , seppure in maniera provvisoria.

In tutte le antiche civiltà l'ospite/viaggiatore è sacro, in quanto informato sul mondo e dunque portatore di notizie e potenziale messaggero (à¡ngelos, in greco). Cambiano, invece, da cultura a cultura, i codici dell'ospitalità . Che possono prevedere profferte amorose (è il caso della cosiddetta ospitalità sessuale), sfide pericolose, eccessi alimentari cuccagneschi e obbligatori. Lo straniero, racconta l'etnografo inglese James Frazer, un tempo era tanto sacro che a volte veniva appunto "sacrificato" durante il raccolto del grano, cioè decapitato ritualmente con un colpo di falcetto.

Nel mondo romano l'hospes, è gradito e sgradito al tempo stesso: se all'inizio è colui con il quale si scambiano doni, poi questa figura prende una connotazione negativa, assume un'accezione "ostile" e diventa hostis, il nemico. L'ambiguità della parola hostis è rivelatrice di un'apertura e al contempo di una paura nei confronti degli estranei, che lo scambio di doni (o di denari) non sempre bastano a regolare.
 
Nel mondo del turismo, oggi, sentiamo parlare di strutture ricettive, di marketing del territorio, di management delle destinazioni, e così via. Ma una antropologia dell'accoglienza (con le sue e tematiche comiche e drammatiche) rimane prioritaria e attualissima.