Sulla stessa barca. La globalizzazione che vogliamo
Sulla stessa barca. Globalizzazione e riglobalizzazione creativa
L'interconnessione planetaria vista con occhi da antropologo. Un
aborigeno australiano gioca a biliardo. Un ragazzo milanese indossa una
camicia balinese. Una donna guatemalteca beve una birra Heineken, un
giovane tedesco ostenta un tatuaggio polinesiano. Mescolanze,
ibridazioni, contaminazioni tra culture. Se questi termini che un tempo
avevano un'accezione negativa, nell'uso comune oggi sono diventati
positivi, vuol dire che le cose possono cambiare. In meglio?
Scriveva Bruce Chatwin nella sua Anatomia dell'irrequietezza: "Gran
parte della popolazione mondiale è in movimento come mai in passato,
turisti, uomini d'affari, manodopera itinerante, sbandati, attivisti
politici, ecc. Al pari dei nomadi che per la prima volta montarono a
cavallo, abbiamo di nuovo i mezzi per una mobilità totale".
Dal punto di vista economico la globalizzazione nasce con il
neoliberismo e cresce come una forma di totalitarismo commerciale.
Viaggi e turismo hanno certo contribuito a mettere in contatto persone
che, prima, si conoscevano soltanto attraverso merci e programmi
televisivi. Ma dal punto di vista culturale diversi esempi dimostrano
un interessante processo in atto, vale a dire una
riglobalizzazione dal basso.