Sulla stessa barca. La globalizzazione che vogliamo

9 lug 2020

Sulla stessa barca. La globalizzazione che vogliamo

Sulla stessa barca. Globalizzazione e riglobalizzazione creativa

L'interconnessione planetaria vista con occhi da antropologo. Un aborigeno australiano gioca a biliardo. Un ragazzo milanese indossa una camicia balinese. Una donna guatemalteca beve una birra Heineken, un giovane tedesco ostenta un tatuaggio polinesiano. Mescolanze, ibridazioni, contaminazioni tra culture. Se questi termini che un tempo avevano un'accezione negativa, nell'uso comune oggi sono diventati positivi, vuol dire che le cose possono cambiare. In meglio?
Scriveva Bruce Chatwin nella sua Anatomia dell'irrequietezza: "Gran parte della popolazione mondiale è in movimento come mai in passato, turisti, uomini d'affari, manodopera itinerante, sbandati, attivisti politici, ecc. Al pari dei nomadi che per la prima volta montarono a cavallo, abbiamo di nuovo i mezzi per una mobilità totale".
Dal punto di vista economico la globalizzazione nasce con il neoliberismo e cresce come una forma di totalitarismo commerciale. Viaggi e turismo hanno certo contribuito a mettere in contatto persone che, prima, si conoscevano soltanto attraverso merci e programmi televisivi. Ma dal punto di vista culturale diversi esempi dimostrano un interessante processo in atto,  vale a dire una riglobalizzazione dal basso.