Turismo responsabile: opportunità di sviluppo locale
Da esperienza per pochi aristocratici, ricchi e colti, il turismo è
oggi alla portata di tutti. Nel bene e nel male, il viaggio si è
democratizzato. Secondo l'Organizzazione Mondiale del Turismo, ogni
anno settecento milioni di "nomadi del benessere" lasciano casa per
svagarsi e ricaricarsi: dall'India ai Caraibi, dal Kenya all'Egitto. E'
un grosso business per gli operatori e per le compagnie aeree, ma in
questo settore dell'economia le differenze sono ancora abissali.
L'ottanta per cento degli spostamenti internazionali riguarda i
residenti di soli venti paesi, ovviamente i più ricchi.
Paradossalmente, esiste ancora un turismo, insostenibile, che poco si
cura dei danni ambientali e sociali arrecati dall'industria delle
vacanze alle destinazioni paradisiache di turno. Da parte di
associazioni, insegnanti, gruppi ambientalisti, mondo della
solidarietà , giornalisti, turisti e tour operator lungimiranti, si sta
al contempo sviluppando una nuova attenzione alle modalità del partire
per le vacanze. Tanto che dopo l'etica del lavoro, forse è giunto il
tempo di un'etica del turismo. E' vero che (quasi) tutti sono andati
(quasi) dappertutto... ma come ci sono andati? Attenti, curiosi e
disponibili agli imprevisti, o da salami pretenziosi e
deresponsabilizzati? Posto che il perfetto viaggiatore non esiste, e se
esistesse sarebbe antipatico, si tratta di riflettere proprio su quel
come.
Partire è un po' capire. Nella Divina Commedia Dante lo fa dire a
Ulisse, che ai compagni finalmente dichiara la vera natura del suo
viaggio: "divenir del mondo esperto" (
Inferno, XXVI). Perché
soltanto una maggiore consapevolezza è in grado di ridare senso al
viaggio, quell'antico piacere, quella crescita individuale ottenuti
attraverso gli incontri più diversi. Per trasformarsi, senza
necessariamente attraversare gli oceani, da consumatori di vacanze a
protagonisti delle proprie avventure.