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Una scossa contro i disperati

25 ago 2024
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Una scossa contro i disperati

La società del taser ha bisogno di una scossa

 Taser, la pistola elettrica. La parola, pronunciata come si scrive, in dialetto trentino significa tacere. In certi luoghi si può gridare, in altri no perché ti portano via. Ebbene, a Trento, qualche giorno fa, un uomo di origine senegalese che urlava alla stazione delle corriere è stato messo a tacere con il taser dagli agenti di polizia. Quindi sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. Come spesso accade queste azioni sono narrate con un lessico che ricorda guerre stellari: le forze dell’ordine contro le forze del disordine, il trionfo delle milizie del bene contro i cattivi, i sani contro i folli. Non è la prima volta che accade. A Bolzano, il 9 luglio scorso, i carabinieri hanno bloccato con il taser un uomo “in stato confusionale”, l’intervento gli ha provocato un malore ed è morto.

Forse vale la pena ricordare che in tutte le culture più o meno tradizionali esistono devianze, nevrosi, esuberanze, depressioni. Vale a dire esistono vari stati di alterazione, durante i quali si verificano comportamenti non conformi al codice di condotta considerato normale. La quale normalità, beninteso, è relativa. In alcuni posti ci si può sedere in terra, in altri no, pena un’ammenda. In determinati contesti ci si può baciare in pubblico, in altri no perché è scandaloso, e così via, lo stesso vale per l’allattamento, il fumo, il sonno, le modalità relazionali e le funzioni organiche individuali. Senza andare troppo lontano, in Trentino i cosiddetti matti del paese, se non violenti, sono sempre stati  tollerati. Spesso derisi, ma non arrestati. Si sa che qualcuno occasionalmente “dà fuori di matto”, o congenitamente “el gà del matt”. Oggi a quanto pare prevale il metodo più brutale.

I motivi per cui una persona può sentirsi persa, disperata, senza aiuto e alla deriva sono molti. Individuali, famigliari, lavorativi. Sono situazioni problematiche che tutti possono vivere. E come si può immaginare sono diversi anche i motivi per desiderare, in certe circostanze, di sottrarsi all’identificazione. Ricordo un’intervista fatta a un ingegnere divenuto un clochard che bazzicava nei dintorni della stazione Termini a Roma: in seguito a un fallimento sul lavoro aveva subito un tracollo famigliare, per poi trovarsi trascinato da una spirale al basso, fino a un giaciglio di giornali steso sul marciapiede.

Può accadere a un trentino, a un romano o a un africano (per inciso, le donne che danno i numeri sono meno in percentuale); l’antropologia e la psicologia di noi mammiferi umani per molti aspetti naturalmente ci accomuna.

Sta di fatto che soprattutto le persone senza dimora, senza affetti, senza conoscenze e senza sostegno materiale né psicologico, manifestano apertamente il loro disagio, in altre parole danno di fuori. C’è chi sostiene, con qualche ragione, che la situazione generale di degrado, abbandono e precarietà che vediamo fuori dalle nostre stazioni ferroviarie in futuro sarà quella che vivrà tutta la società italiana. Forse è una visione troppo pessimista. Ma non occorre fare lunghi discorsi, è chiaro che una politica di accoglienza diversa sarebbe più umana e più giusta, ancorché più impegnativa e costosa. Certamente la dimensione locale soffre di sperequazioni sistemiche, a livello globale. Guerre, povertà, inquinamenti, migrazioni forzate. Ed è sbalorditivo che mentre nel mondo sta succedendo di tutto, il Tg1 della Rai ci racconti le malefatte del ragno violino (come se il ragno e i nostri orsi facessero vittime quanto i tumori o gli incidenti stradali) o della separazione di Jennifer Lopez da Ben Affleck. Per non dire del il tormentone della pugile algerina iperandrogena, con tutta la corte delle persone non binarie, trans o pansessuali, come se – con tutto il rispetto per i diversi orientamenti e le disforie di genere - questi fossero quantitativamente e qualitativamente i veri problemi della nostra società.

Troppo spesso dimentichiamo che essere disadattati, cioè perdere l’equilibrio in un mondo squilibrato, può capitare, ed è piuttosto normale. E invece, no. Trattamento al taser per mettere a tacere chi sbrocca, chi protesta, chi non ce la fa più e lancia urla di disperazione. Non con la pistola elettrica e sicuramente non ad alto voltaggio, ma una bella scossa ci vorrebbe, per tutti.