Zitto e cammina
"L'innocente divertimento della campagna è divenuto a dì nostri una
passione, una mania, un disordine. L'ambizione ha penetrato nelle
foreste: i villeggianti portano seco loro in campagna la pompa ed il
tumulto della città ...". Così scrive il commediografo veneziano Carlo
Goldoni nella pièce Le smanie per la villeggiatura (pubblicata nel
1773... sì, avete letto bene, 232 anni fa). Ora sostitute la parola
montagna alla parola campagna. Funziona, eccome.
Nell'immaginario collettivo la montagna è silenzioso paradiso, cura per
i mali della civiltà , rifugio dei valori. Ma tale immaginario,
paradossalmente, cozza proprio con gli effetti del nostro comune
desiderio di salirci, di andarci a divertire. L'antitesi tra la
montagna mistica e la montagna ludica non è una contraddizione dei
nostri tempi, ma ha una lunga storia. Per scalatori e scrittori come
Leslie Stephen, sin dall'Ottocento le Alpi sono il parco giochi
d'Europa. Per John Ruskin e per Eugen Lammer dovrebbero rimanere
inviolate. Un tempo, tradizionalmente, in montagna veniva raccomandata
la precauzione di parlare a bassa voce, poiché i rumori possono
provocare valanghe. Questa profilassi del silenzio è diventata cultura,
generando anche un approccio magico-religioso: l'alpe nasconde forze
misteriose che, a seconda del comportamento del montanaro, portano
disgrazia o prosperità . Oggi assistiamo a una sorta di rivincita
sportiva sulla millenaria soggezione che l'uomo prova per la montagna.
La pendenza è diventata gioco. Vecchi e nuovi mezzi di trasporto
salgono e scendono con rapidità . Chiassosi intrattenimenti la
assimilano alla città . Ma è questa la montagna che vogliamo? Zitto e
cammina! - imperativo ironico, naturalmente - è un appuntamento di
antropologia del turismo. Una piccola riflessione, con l'ausilio di
immagini antiche e moderne, sull'escursionismo attento. Per un modo di
camminare sobrio e silenzioso. Non si tratta certo di museificare la
montagna, ma di capire che la vera ricchezza delle Alpi è l'ambiente
naturale, un bene rifugio, proprio come il silenzio, di cui in futuro
avremo sempre più bisogno.