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Pandemia ed ecologia

6 dic 2020

Parliamo di salute, ambiente, sociologia,

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Pandemia ed ecologia


Fino a qualche mese fa infilavamo le melanzane dentro sacchetti biodegradabili e compostabili. Convinti che fosse giusto perché di Terra ce n'è una sola. Attenti, sensibili, preoccupati. Perché sarebbe (stato) stupido inquinarla. Oggi in Italia buttiamo a casaccio 20 milioni al giorno di guanti di gomma e in pvc, che finiranno in mare, in bocca alle testuggini. Dall'Adriatico a Hong Kong ci sono squadre di volontari, belli incavolati, che cominciano a ripescarli. Ma sono miliardi, in tutto il mondo.

Si è tranquillamente ipotizzato di attrezzare le spiagge con chilometri di divisorie di plexiglass, per fare vacanze in scatola. E se non saranno le spiagge saranno i ristoranti. Il plexiglass è una materia plastica formata da polimeri del metacrilato di metile. Ogni anno ne vengono prodotti più di 3 milioni di tonnellate. Vogliamo davvero raddoppiare? E poi alla fine di questa brutta epidemia dove lo metteremo, come lo smaltiremo?

La salute dell'ambiente in cui viviamo non è un tema meno urgente rispetto all'emergenza sanitaria da Covid-19. Prima, quando eravamo tutti attivi, produttivi e sorridenti, l'ambiente era ridotto male: dalle acque dei fossati di campagna alle polveri sottili di città. Adesso che l'aria si è un po' ripulita e l'acqua è tornata trasparente, anche nei canali di Venezia, vogliamo davvero tornare alla sporcizia e al degrado? Com'è possibile non accorgersi che alla natura, agli animali selvatici, all'ambiente è bastato poco per riprendersi?

La Terra ha la febbre e con ogni probabilità gliel'abbiamo fatta venire noi. Sembra che la biosfera reagisca alla nostra invasività, alla nostra aggressività. Non è fiction e non lo penso solo io, che come antropologo mi sento anche un po' tirato per la giacca in questo periodo, ma lo sostengono diversi scienziati. Era già l'ipotesi avanzata dal chimico inglese James Lovelock insieme alla biologa americana Lynn Margulis, nel 1976. Gaia è un superorganismo in grado di autoregolarsi, come se avesse anche lei un sistema immunitario. Quando l'alterazione delle condizioni chimico-fisiche supera certe soglie, quando le sue risorse sono sfruttate indiscriminatamente, insomma quando è pesantemente disturbata può dare qualche scrollone per ristabilire il proprio equilibrio.

Il nostro sistema economico è sbagliato. Misurare il progresso con l'aumento del PIL e della produttività, è imboccare la via dell'autodistruzione. Parlo della produzione di merci sovrabbondanti, di un sacco di roba che non è necessaria ma che ha costi ecologici assurdi, costi di trasporto, costi di smaltimento. Il discorso alla fine è semplice. La nostra economia finora ha generato disuguaglianze sociali e danni ambientali. Ai miei studenti di Scienze del turismo, a Lucca, ogni anno spiego una cosa elementare: non bisogna confondere la crescita con lo sviluppo, perché sono due concetti diversi. A volte vanno insieme, altre volte no. L'aeroplano giunto a destinazione che vola, anzi volava, per mezz'ora sopra l'aeroporto congestionato attendendo l'ok per l'atterraggio, e consumando inutilmente carburante, faceva alzare il PIL. Ma di certo non la qualità della vita. Dunque può esserci un aumento dei consumi, senza aumento di benessere. Lo sviluppo non è tutto di più, è "giustezza" e armonia. Purtroppo può esserci crescita dimensionale senza sviluppo.

In questi giorni si parla molto della nuova normalità che gradualmente seguirà al tremendo lockdown. Questa nuova normalità non dovrà essere solo il business dei più veloci a intercettare i bisogni, l'arraffa risorse, la cementificazione, l'arrembaggio all'ambiente. Per un nuovo inizio dovremmo sin d'ora avere ben chiaro e non dimenticare quello che abbiamo vissuto: lo sgomento e l'umiliazione (la fame, senza mezzi termini, per i meno garantiti) voglio dire avere chiaro l'obiettivo: la massima felicità collettiva possibile. Dopo questi mesi di "comunismo della salute", sarebbe il colmo tornare a pensare ciascuno ai fatti propri, e al diavolo la solidarietà. Per rispetto a chi ha perso la vita prima della pandemia, per le guerre e per la stoltezza dell'umanità, e durante la nefasta influenza da Covid-19, non bisognerebbe affatto tornare alla normalità. Perché la normalità era il problema. Che senso avrebbe rifare gli stessi errori?

La lezione di questa maledetta primavera del 2020 è che non si può stare bene in un ambiente malato. Neppure con antibiotici, vaccini, tute da laboratorio, mascherine e tutte le protezioni che ci vengono in mente. La salute del pianeta è la nostra salute.

(Questotesto è stato anche pubblicato sul quotidiano l'Adige 7 maggio 2020)
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