Scritti

Evoluzione di Homo turisticus

20 nov 2002

Parliamo di turismo, vacanza, viaggi.

Scritti

Evoluzione di Homo turisticus

Saggio pubblicato in spagnolo con il titolo Evolución del Homo turisticus dalla “Revista d’Afers Internacionals” (Barcelona Centre for International Affairs) n.113, p. 149-159, Barcelona 2016.

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L'evoluzione di homo turisticus

L’umanità non ha mai viaggiato tanto come negli ultimi decenni: per piacere, per interesse, per necessità. Oltre alle persone, viaggiano merci, informazioni, idee. Questo traffico globale ci permette di avere giocattoli da Taiwan, notizie dalla Mongolia, zanzare tigre dal sud-est asiatico, scarpe dal Vietnam, banane dal Centroamerica, manodopera rumena e pakistana nei cantieri europei, know how indiano nelle università americane. Oggi possiamo spostarci dal centro di Parigi a un villaggio turistico africano, in meno di ventiquattr'ore. Per quanto riguarda lo spostamento dei corpi umani, sempre di grande interesse per la cronaca, i flussi di persone affluenti, cioè in vacanza e con buona capacità di spesa, e i flussi di persone indigenti o in fuga si incrociano, trovandosi talvolta faccia a faccia, così com’è accaduto nell’estate del 2015 nel Mediterraneo. Sull’isola greca di Lesbo, per esempio, i turisti che prendevano il sole sono stati raggiunti, via mare, da canotti colmi di profughi mediorientali.

Fare previsioni a lungo termine sull’evoluzione del turismo internazionale è difficile, perché concorrono molte variabili geopolitiche. Subito dopo gli attentati alle Twin Towers dell’11 settembre 2001 pareva che il mondo delle trasvolate transoceaniche e delle vacanze spensierate, soprattutto in Paesi definiti improvvidamente “canaglia”, dovesse crollare.[1] Al contrario, il turismo si è rivelato estremamente resiliente e redirezionabile, una giostra che può rallentare, ma che non si ferma mai.

Questo accade perché il desiderio turistico nella società industriale e post-industrializzata, a monte di ogni scelta riguardante i luoghi di destinazione, è generato da una matrice strutturale che produce istanze e comportamenti comuni. Concorrono a questa eterodeterminazione i ritmi e le regole del distretto produttivo, la necessità di evasione a tempo determinato, le dinamiche famigliari, il marketing degli altrove in termini di “paradisi” turistici. “Appena hanno qualche giorno di libertà, gli abitanti dell’Europa occidentale si precipitano all’altro capo del mondo, attraversano in volo metà globo, si comportano letteralmente come evasi dalla galera”, scrive Michel Houellebecq, nel suo romanzo scandalo, dedicato al turismo sessuale, intitolato Piattaforma.[2] Affrontare il turismo in prospettiva socio-antropologica significa anzitutto chiedersi le ragioni di questa diserzione socialmente accettata e incoraggiata, una latitanza a termine, rispetto alla dimensione presenzialista ed efficientista del lavoro quotidiano.

La “specie” Homo turisticus è composta di individui con disponibilità di denaro che viaggiano per loisir, sapendo di tornare a casa dopo una breve vacanza.[3] Negli ultimi anni questa “specie” si è differenziata al punto da rendere necessaria una classificazione più accurata che riconosca, per rimanere nella metafora naturalistica, le relative sottospecie e varietà.[4] Volendo giocare con le definizioni possiamo facilmente determinare Homo turisticus varietà cuccaniensis in cerca di risorse e facilities nei nuovi Paesi di Cuccagna che sono i villaggi vacanza; varietà arcadicus amanti della tranquillità della campagna; selvaticus ecoturisti amanti della natura, marinus, culturalis, e così via. E’ abbastanza interessare notare come la tematica della autenticità dell’esperienza turistica, tanto cara al dibattito antropologico sul turismo di qualche anno fa, [5] rimanga sempre più in secondo piano, quasi fosse irrilevante. Il territorio apparecchiato per il turismo mainstream (certo non quello cosiddetto responsabile) rimane comunque un campo di gioco per l’esperienza turistica, sempre più vocata ad essere (narrata come) performance. Per le ragioni esposte, relative alla necessità di un immaginario edenico, o comunque alternativo allo stile di vita quotidiano, non si può dire che il turismo in generale sia animato dalla ricerca di verità. Anzi, la performance turistica consente travisamenti, travestimenti, bluff identitari, effimere metamorfosi.

Nella città di Lucca dove insegno, per esempio, dilaga il fenomeno neocarnevalesco dei cosplay, che comporta camuffamenti turistici e ostentazioni di identità provvisorie. Alcune strutture ricettive si sono già adeguate e per qualche giorno, tra ottobre e novembre ogni anno, ospitano turismo tematizzato: antichi romani, Obelix, celebrità manga, Lara Croft, Uomini ragno, Gesù Cristi, cavalieri della Tavola Rotonda, Batman, diavoli, pirati, Alici e Cappellai Matti, Puffi, trogloditi, vampiri, eccetera. Risulta un po’ difficile chiamarlo turismo di nicchia, dato che vi partecipano annualmente circa 200 mila persone, un flusso enorme per una cittadella medievale italiana come Lucca che conta 90 mila abitanti.[6]

La questione dell’autenticità, che rimane ovviamente irrisolta, si ripropone anche in termini nuovi, inerenti l’heritage. Basti pensare al caso dell’ameno villaggio austriaco Hallstatt, dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1997. Per anni Hallstatt ha ricevuto crescenti flussi turistici di provenienza asiatica. Pare che tra questi turisti, siano state attive “spie” munite di macchina fotografica e videocamera, per documentare ogni singolo dettaglio architettonico e decorativo del paesino, tanto grazioso e a misura d’uomo. Nel 2012 l’impianto urbanistico e l’architettura di Hallstatt sono stati copiati e riprodotti in replica nella provincia meridionale di Guangdong, forse il primo caso di clonazione di un intero villaggio a fini turistici. Il centro residenziale di Hallstatt in Cina, realizzato dalla China Minmetals Corporation, nel frattempo è divenuto una attrazione di grande successo per il turismo domestico.[7] Restano aperte alcune questioni circa l’identità o se vogliamo lo spirito del luogo, la valorizzazione della tipicità del territorio, il senso comune di appartenenza. Ovviamente il contesto originale rimane inimitabile, ma non è detto che il contesto interessi ai turisti cinesi. Forse le diffuse perplessità rispetto alla clonazione di Hallstatt sono sintomi di un nostro feticismo per la Storia. E ancora: forse il caso di Hallstatt suscita lo stupore e lo sdegno della maggior parte dei commentatori perché la replica è stata fatta dai cinesi. Non risulta abbia fatto uguale scalpore la Little Venice di Las Vegas. Né la cosiddetta Lascaux II, replica della famosa grotta paleolitica di Lascaux realizzata dal Ministero della cultura francese e aperta al pubblico nel 1983, per salvaguardare il sito originale da un flusso turistico tanto impattante che rischiava di alterarne gli affreschi.[8]

Turismo geneticamente modificato

Per Joel Henry, fondatore del laboratorio di turismo sperimentale Latourex, esistono già molte soluzioni alternative alle vecchie maniere di fare turismo. Si parla di turismo casuale, libero, giocoso, improvvisato.[9] In ogni caso un modo di andarsene in vacanza renitente alla periodica leva vacanziera. L’editore inglese di guide turistiche Lonely Planet ha sviluppato e formalizzato le idee di Joel Henry, pubblicando nel 2005 The Lonely Planet Guide to Experimental Travel, una guida non ai luoghi ma ai modi più bizzarri di fare turismo. Vi figurano diversi e innovativi profili, itinerari e comportamenti turistici. C’è chi si fa guidare esclusivamente dalla moglie (uxoturismo). Chi viaggia per fotografare i turisti che a loro volta si fotografano davanti ai monumenti. Chi passa qualche giorno in aeroporto, senza prendere l’aereo. Chi pratica l’ipoturismo, partendo con pochi denari per un paese poco attraente, di cui non conosce la lingua. Chi si affida totalmente al tecnoturismo: per intenderci, il tecnoturista interagisce con l’ambiente in maniera mediata utilizzando una strumentazione digitale sempre più sofisticata, come navigatori satellitari per l’orientamento, traduttori simultanei, audioguide per smartphone che danno informazioni di realtà aumentata, hotel hi-tech con maxischermi dove vanno in scena paesaggi, opportunità e itinerari on demand.

Negli ultimi anni il turismo è cambiato anche dal punto di vista della promozione. L’aggettivo esclusivo, per esempio, che sembrava un must nella connotazione e nella comunicazione di mete turistiche desiderabili, ha ceduto il passo a un nuovo modo, decisamente inclusivo, di concepire le destinazioni. Le quali si presentano sempre meno elitarie e più disposte ad accogliere una clientela numerosa e ormai quasi indifferenziata. In termini di marketing, il famoso modello dello Zio Sam che chiama puntandoci contro l’indice con la scritta I want you, si è convertito in un più accattivante Join me, spesso lanciato da belle ragazze e bei ragazzi attraverso un passaparola sui social networks. I testimonial ingaggiati dalle località turistiche sono destinati ad essere meno famosi e meno pagati, perché nello spirito del 2.0 è disponibile e attivo un esercito di pionieri volontari, che farà promozione spontanea e spesso del tutto gratuita.

Oggi il turismo è costruito secondo i nuovi gusti e le nuove necessità. Si presenta geneticamente modificato e come tale viene consumato. Ferma restando una generica istanza di evasione, gli scenari sono cambiati, viviamo in un’epoca di polverizzazione delle vacanze, che sono diventate sempre più brevi e frammentate, un’epoca di incertezza e precarietà lavorativa, di pacchetti all inclusive, di mobilità 2.0, di condivisione del vissuto in tempo reale, di trasporto promiscuo e collaborativo,[10] di viaggi last minute e tariffe low cost. Un caso interessante di turismo geneticamente modificato, che sta toccando in maniera allarmante il mondo dell’ospitalità alberghiera è il couchsurfing, un fenomeno analogo ad altri network di scambio di ospitalità (come BeWelcome, Hospitality Club, Pasporta Servo) che coinvolge attivamente 7 milioni di persone.[11] Secondo un giovane e intraprendente praticante spagnolo, Daniel Tirado, fondatore del blog turistico Viajando sin papel higienico e autore dell’omonimo libro, il couchsurfing non è solo un espediente per dormire gratis sui divani di mezzo mondo, è un’idea innovativa che comporta spirito di condivisione e fiducia nel prossimo.[12]

Chiaramente, siamo ancora in uno scenario di costante connessione alla rete attraverso la tecnologia mobile, contrastato da proposte turistiche per ora marginali, ma non trascurabili, all’insegna del digital detox. Sulla via della disconnessione dal web durante la vacanza, Switzerland Tourism sta all’avanguardia, con l’originale proposta “disintossicante” Holidays without Internet.[13]

L’ossessione della sicurezza

Viviamo attualmente una diffusa preoccupazione, spesso una vera e propria ossessione, per nostra la sicurezza individuale. Nel mondo del turismo di massa ciò significa guardie negli aeroporti, transfer sorvegliati, vigilantes armati all’ingresso degli hotel di lusso, braccialetti colorati per entrare nei villaggi vacanze, videosorveglianza delle attrazioni turistiche più gettonate, speciali corpi di polizia a protezione dei turisti (come si trovano per esempio in Thailandia, Messico, Brasile, Venezuela, Egitto, Grecia) considerati soft target di potenziali aggressioni, rapine, attentati terroristici. Il turismo, pertanto, appare sempre più monitorato e militarizzato. Tale è il primo scenario che analizzo, alla luce di un buon numero di fatti di cronaca, nel mio saggio intitolato Non sparate su turista.[14]

Un corposo filone di studi sociologici e antropologici individua nel turismo internazionale con destinazione i Paesi impoveriti una forma evoluta di colonialismo.[15] Se gli Hotel Eden, Paradise a Ambassador sono decine di migliaia in tutto il mondo, gli Hotel Colonial non sono meno. Molte di queste strutture, prima di essere adibite alla ricettività turistica, erano infatti caserme, refettori, sedi di distretto, residenze di funzionari, basi militari. E’ vero che la guerra e il turismo di massa sono incompatibili, ma è anche vero che l’attività turistica ha un estremo bisogno di ordine sociale. Il pugno di ferro dei governi militari – laddove la repressione sia dura, ma discreta – può offrire in tal senso le massime garanzie. Per tutti i trasferimenti, di materie prime, finanziari, di cose e persone, occorrono governi saldi, a costo d’imporre la stabilità con la forza. La giustizia sociale, così come la riduzione della povertà, in questo sistema non sono strettamente necessarie, sono interventi umanitari opzionali, da affidare ai professionisti degli aiuti allo sviluppo.

Nel gennaio del 1997 le agenzie di viaggio francesi che organizzavano visite in Perù prevedevano una sosta davanti all’ambasciata del Giappone di Lima, dove i guerriglieri del movimento Tupac Amaru trattenevano più di settanta ostaggi. La sosta era programmata per permettere ai turisti di fotografare e di filmare il luogo del dramma. Sulla base di questo caso, l’antropologo francese Marc Augé è perentorio: “Il turismo è la forma compiuta della guerra”.[16] Ma già nel suo libro di viaggi Il giro della prigione la scrittrice francese Marguerite Yourcenar citava, con un pizzico di cinismo, “il genio” di Victor Hugo, secondo cui i due modi primitivi dell’incontro tra i popoli sono la guerra e il viaggio.[17]

In uno studio su questa tematica, i ricercatori Diller e Scofidio, mettono argutamente a fuoco la questione: “Sembra che turismo e guerra s’intersechino continuamente nelle news, ma la loro associazione non è un fenomeno recente. Il turismo contemporaneo è un’evoluzione del viaggio eroico del passato, le cui radici sono indubbiamente legate a quelle dei primi conflitti territoriali: dopotutto, la mobilità è sempre stata una strategia bellica cruciale. I soldati, come viaggiatori, sono stati tra i primi a penetrare e a indebolire i confini territoriali – non soltanto per mezzo della forza, ma anche attraverso la disseminazione della lingua e dei costumi.

Il controllo militare della mobilità presenta indubbi vantaggi, ma anche tragiche falle. Il 13 settembre 2015 dodici turisti sono rimasti uccisi per errore nel deserto egiziano di Al-Wahat da un attacco aereo concertato tra polizia ed esercito. I militari governativi hanno scambiato il convoglio di quattro jeep dirette verso l’oasi di Bahariya per una cellula del gruppo antagonista jihadista Ansar Bait al Maqdis. In realtà si trattava di un viaggio di piacere organizzato dall’agenzia Windows of Egypt, condotto da un egittologo e scortato da un agente della polizia locale. Dei dodici morti sotto il bombardamento otto erano messicani, il che ha inevitabilmente generato tensioni tra il Messico e l’Egitto, soprattutto a fronte delle diverse versioni fornite a spiegazione della tragedia. Occorreva o non occorreva un permesso speciale per quei pick-up in rotta verso l’oasi ai confini con la Libia? Se sì, il permesso era o non era stato concesso? Vero o falso quanto riportato un turista superstite e cioè che all’attacco da parte di un aereo e di alcuni elicotteri Apache è seguito un mitragliamento da parte di truppe di terra? E come si è potuti cadere in un simile madornale malinteso? Da notare che la comitiva turistica si era appena fermata a lato della pista desertica, per cuocere un pasto. Come minimo, c’è da rilevare una mancanza di coordinamento tra i ministeri egiziani del Turismo e degli Interni.[18]

All’opposto di uno scenario di turismo sempre più controllato e incanalato sta uno scenario futuro, altrettanto plausibile e certo più auspicabile, di turismo integrato e sprotetto, permeabile alle problematiche locali delle destinazioni che tocca. Un turismo disincantato, forse, ma non meno interessato e interessante. Solitamente si tratta anche di un turismo più sicuro di quello che necessita protezione militare. Secondo Maurice Freund, presidente della cooperativa francese Voyageurs – Point Afrique, all’origine della ricorrente violenza contro i turisti sta il lusso ostentato da un turismo blindato. “Gli attacchi contro i turisti sono destinati ad aumentare e il motivo è abbastanza semplice: quando si fanno alberghi con le inferriate alle finestre e c’è una milizia privata a proteggerli, la differenza sociale con la popolazione locale – che ne trae pochissimi benefici, se non qualche posto di lavoro per le donne delle pulizie – è particolarmente vistosa”.[19] L’antiturismo che negli ultimi anni prende di mira i viaggi di piacere, dovrebbe dunque farci riflettere. Possiamo chiuderci e tutelarci in mille maniere, ma se ignoriamo la realtà che ci attende e ci accoglie non saremo mai al sicuro. Anzi, il nostro status sarà precario, a maggior ragione se andiamo a divertirci in condizioni di smaccato privilegio, tra persone che covano rancori. Colpire le dorate oasi di vacanza, è toccare il barattolo di marmellata della nostra civiltà.

Una maniera piuttosto innovativa di guardare al turismo internazionale è stata recepita dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre del 2002, dove si è discusso dell’inserimento del turismo sostenibile tra le comunità indigene come elemento di sviluppo equo.[20] Sono stati invece deludenti gli esiti del quinto vertice ministeriale di Cancún del 2003, dove il segretario dell’Organizzazione Mondiale del Turismo ha parlato di “liberalizzazione turistica dal volto umano”: una formula di compromesso che reca in sé i germi di una contraddizione a mio giudizio difficilmente sanabile.

La perequazione o la sperequazione, la responsabilità sociale, la gestione delle risorse, la salvaguardia dell’ambiente, sono scelte strategiche inevitabilmente collegate alla mobilità, tanto ai flussi indigenti quanto ai flussi affluenti. L’evoluzione di Homo turisticus procede in parallelo con le scelte politiche ed economiche dei governi e delle megacorporation che fissano, spesso in maniera arbitraria e interessata, i parametri dello sviluppo umano. Va da sé, le nuove tecnologie applicate al turismo ammettono usi culturali e pacifici e possono essere impiegate per una comunicazione corretta e per uno sviluppo armonico dell’attività turistica. Il nostro è un destino collettivo, non c'è viaggio sicuro, né serenità personale senza giustizia planetaria. L'unica libertà possibile - dalla fame, dall'ignoranza, dalla paura - è la libertà di tutti i viventi, compresi gli animali. Quanto alla sicurezza vorrei concludere con l'epigramma di un monaco giapponese del XIII secolo, Nichiren Daishonin: “Se vi preoccupate solo un po’ della vostra sicurezza personale, dovreste prima di tutto pregare per l'ordine e la tranquillità in tutti e quattro i quartieri del paese”.

 

 

 

 

[1] Wikipedia: “Stato canaglia ("rogue state") è un'espressione controversa utilizzata da alcuni teorici anglosassoni di scienze politiche all'inizio del XXI secolo per riferirsi a taluni Stati considerati una minaccia per la pace mondiale”.

[2] Michel Houellebecq, Plateforme, Éditions Flammarion, Paris 2001.

[3] Così secondo Paul Bowles, The Sheltering Sky (1949) varie edizioni.

[4] Ho utilizzato per la prima volta la locuzione Homo turisticus nel 1993 in alcuni lemmi del mio piccolo dizionario di luoghi comuni turistici intitolato Turistario. Luoghi comuni dei nuovi barbari, Baldini&Castoldi, Milano 1993.

[5] E. Cohen, “Authenticity and commoditization in tourism”, in Annals of tourism research, 1988, 15, 2, pp. 371-86.

[6] Lucca Comics and Games è una fiera dedicata al fumetto, all'animazione, ai giochi (di ruolo, da tavolo, di carte), ai videogiochi e all'immaginario fantasy e fantascientifico, che si svolge a Lucca in Toscana, nei giorni a cavallo tra ottobre e novembre. È considerata la più importante rassegna italiana del settore, prima d'Europa e seconda al mondo, dopo il Comiket di Tokyo.

[7] China's Replica of Austrian UNESCO Village Opens Amidst Controversy. Qui l’URL del video di presentazione https://www.youtube.com/watch?v=hP-7f1XW7jE

[8] Lascaux II. http://archaeology-travel.com/france/lascaux-ii

[9] http://www.latourex.org/latourex_es.html

[10] Vedi il successo di BlaBlaCar, una piattaforma web di ride sharing che opera in 14 Paesi d’Europa, sempre più utilizzata per fare turismo.

[11] https://infogr.am/couchsurfing-statistics

[12] http://viajandosinpapelhigienico.com/

[13] Vedi www.holidayswithoutinternet.com Il video di questa promozione turistica in netta controtendenza si può vedere su YouTube, qui: https://www.youtube.com/watch?v=vEfrg7vBjJM

[14] Duccio Canestrini, Non sparate sul turista. Dal turismo blindato al viaggio permeabile, Bollati Boringhieri, Torino 2004. Traduzione in spagnolo No disparen contra el turista: un analisis del turismo como colonizacion, Bellaterra, Barcelona 2009.

[15] Dennison Nash, “Tourism as a Form of Imperialism”, in Valene L. Smith (ed.), Hosts and Guests: The Anthropology of Tourism, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1989., Georges Cazes, Les Nouvelles Colonies de vacances?, L’Harmattan, Paris 1989 e dello stesso autore Tourisme et Tiers-Monde, un bilan controversé, L’Harmattan, Paris 1992. Isidore Mbaye Dieng e Jacques Bugnicourt, Touristes-rois en Afrique, Enda/Kartala, Dakar – Paris 1982. Jost Krippendorf, Les Vacances, et après? Pour une nouvelle com­préhension des loisirs et des voyages, L’Harmattan, Paris 1987. Didier Van Houts, “International Tourism in Third World Countries: a controversial Topic”, Cahier des Hautes Etudes Touristiques, Série C n°148, 1991. Catherine Palmer, “Tourism and Colo­nialism: The Experience of the Bahamas”, Annals of Tourism Research 21/4 (nov. 1994), pp.792-811. Colin Michael Hall, Tourism and Politics: Policy, Power and Place, John Wiley, New York, 1994. Inoltre, l’antologia The Sociology of Tourism, a cura di Yiorgos Apostolopoulos, Stella Leivadi e Andrew Yiannakis, pubblicata a Londra da Routledge nel 1996, ospita diversi contributi sensibili a questo taglio. Per un approccio letterario, è interessante la lettura del grintoso pamphlet di Jamaica Kincaid Un posto piccolo (1988), Adelphi, Milano 2000.

[16] Marc Augé, Disneyland e altri nonluoghi (1997), Bollati Boringhieri, Torino 1999, pag. 8.

[17] Marguerite Yourcenar, Il giro della prigione, Bompiani, Milano 1991, pag. 162.

[18] Ejército de Egipto mata "por error" a turistas mexicanos. Redacción BBC Mundo, 14 septiembre 2015.

http://www.bbc.com/mundo/noticias/2015/09/150913_egipto_ejercito_mata_turistas_mexicanos_error_ng

[19] Intervista realizzata da Marie-Laure Colson per “Libération” e pubblicata in italiano da “Internazionale” il 12 maggio 2000.

[20] Vedi Forum Social Mundial, “O turismo e a inclusão social nos constrangimentos do processo

civilizatório da pós-modernidade” http://www.ivt-rj.net/destaques/forum/index.htm